Solvay, la produzione del cC6O4 è ripresa… senza l’esito delle analisi
L?Arpa non ha ancora i dati aggiornati al 2021 «per un guasto strumentale». Ma il "sì" della Provincia arriva ugualmente
ALESSANDRIA – La Solvay ha ripreso (parzialmente) la produzione del Pfas cC6O4. Il «sì» della Provincia è arrivato lo scorso maggio dopo uno stop forzato di quattro mesi e dopo che l’Arpa ha controllato l’effettiva esecuzione dei lavori imposti alla ditta dalla Conferenza dei Servizi per evitare potenziali sversamenti nelle matrici ambientali.
Resta il mistero dei risultati delle analisi, ad esempio in falda, che, nell’immaginario comune, dovrebbero rappresentare una sorta di ‘prova del nove’ per capire se quegli interventi siano davvero sufficienti. L’Arpa, come spiega il direttore di Alessandria Marta Scrivanti, quei dati non li ha ancora. Ma la Provincia l’«ok» l’ha dato ugualmente.
«Non ho ancora nulla riferito al 2021 – spiega la chimica rispondendo a una nostra domanda – perché il laboratorio è rimasto un po’ indietro per un guasto strumentale. Quindi i dati più recenti non li ho ancora disponibili».
Cos’è cambiato dopo lo stop?
Cos’è cambiato da quando, a febbraio, la Provincia aveva imposto lo stop della produzione del nuovo additivo?
«A conclusione dell’iter istruttorio che ha portato a febbraio al rilascio dell’autorizzazione alla modifica sostanziale – continua la Scrivanti partendo da lontano – la Provincia, con la prescrizione “Uno”, ha imposto alla ditta di attuare una serie di interventi di contenimento per evitare che il cC6O4 potesse raggiungere le matrici ambientali, in particolare suolo e sottosuolo.
Gli interventi erano già stati inseriti in un crono-programma che la ditta aveva presentato alla Conferenza dei Servizi che si è occupata del procedimento istruttorio già a fine 2019. Si trattava di azioni di carattere strutturale, consistenti, in sostanza, nel rifacimento e nell’impermeabilizzazione di pavimentazione, canaline e pozzetti di raccolta, rifacimento di tubazioni per trasferire prodotti da un reparto all’altro, e altri. Lavori che la ditta aveva progressivamente attuato.
La prescrizione ne richiamava l’obbligo di attuazione e metteva in capo all’Arpa il compito di verificarne la realizzazione. Abbiamo verificato quanto realizzato dalla ditta, fatto delle valutazioni sia tecnico-documentali che sopralluoghi in azienda e in aggiunta a quanto indicato dal crono-programma (oltre un centinaio che abbiamo verificato puntualmente). Sono stati poi eseguiti approfondimenti aggiuntivi riguardanti sia aspetti tecnici che gestionali. Le nostre ulteriori proposte di intervento, circa una ventina, sono state recepite dalla Provincia che ne ha prescritto alla ditta l’attuazione».
«Evitare le perdite»
Gli interventi già sottoposti a verifica mirano ad evitare che possano proseguire le perdite. «Tornare a situazione di concentrazioni (di inquinanti, ndr) meno elevate nei punti dove ci sono state perdite prima dell’attuazione di questi interventi, si può fare solo mediante intervento di bonifica», continua Marta Scrivanti.
Quanto messo in campo fino ad oggi è sufficiente, almeno nella zona dove è ripresa l’attività?
«Il ragionamento non è così automatico – specifica – Sono prodotti altamente solubili, non possiamo immaginare che immediatamente si rilevi una trend in netta diminuzione perché dipende da tanti fattori. Questo motiva il fatto che stiamo facendo il monitoraggio con una cadenza strettamente ravvicinata. Una campagna ad aprile, ancor prima che la Provincia concedesse il riavvio degli impianti, e una la settimana scorsa ampliando il numero dei punti campionati che vanno a pescare nei diversi livelli della falda».
Ma concretamente, com’è la situazione nel dopo lavori? I valori sono migliorati? Sono aumentati? Sono uguali? Al momento nessuno lo sa.