Bambini a scuola e in forma
Quanto è importante prestare attenzione alla forma fisica dei bambini? Quali sono le attività motorie a loro consigliate?
Innanzitutto partiamo nell’affrontare questo tema definendo inquadrando con più precisione l’età entro la quale un individuo viene definito “bambino”. Il dizionario Treccani specifica che lo si è dalla nascita fino alla fanciullezza, età che potremmo comprendere dunque tra gli 0 e i 13/14 anni. Detto ciò in questo approfondimento ci concentreremo sull’educazione motoria che viene insegnata fino alla scuola secondaria di primo grado (scuole medie) o dalle varie società e/o strutture promotrici di attività motoria per la specifica fascia d’età.
Sviluppo motorio, aspetti generali
Parlando di età… un vero e proprio sviluppo motorio ha una effettiva “data di scadenza”? La risposta è negativa in quanto il corpo umano, se sano, può e dovrebbe essere sottoposto a stimoli motori sempre diversi o sempre più complessi, così da non perdere le proprie funzionalità meccaniche e organiche, diventando l’esposizione stessa a questi stimoli fonte di salute. Nel caso specifico dei bambini, il periodo compreso tra la nascita (ma si pensa ancora prima) e l’adolescenza, è caratterizzato dalla formazione delle strutture addette poi al movimento stesso, dalle connessioni neuromuscolari al sistema muscolo-scheletrico. Come è possibile osservare o intuire, lo sviluppo motorio è contrassegnato da diversi cambiamenti che conducono da movimenti più semplici (stare in piedi, rotolare, ecc.) a movimenti sempre più complessi a livello cognitivo (allacciare le scarpe, usare la forchetta, ecc.) fino a quelli più estremamente precisi i quali comprendono le sequenze di movimento che si è in grado di sviluppare solo se assecondate da uno sviluppo cognitivo dell’individuo.
Ma tutto ciò non riesce a spiegare a fondo lo sviluppo delle abilità motorie poiché, man mano che i bambini crescono, risentono sempre più dell’influenza dell’ambiente, delle esperienze e delle occasioni di apprendimento che vengono offerte, ed è per questo che viene sempre consigliato ai genitori di far provare a propri figli il maggior numero di esperienze motorie, assicurandosi ovviamente di essere in ambienti sicuri e controllati. Lo sviluppo motorio, quindi, non può essere considerato solo un fattore naturale ed interno all’individuo, bensì un processo che si realizza attraverso l’interazione costante con l’ambiente esterno.
Va specificato però che se il bambino non fa esercizio degli schemi fondamentali (strisciare, camminare, correre, afferrare, lanciare ecc.) quando il sistema nervoso è maturo per esercitarli, gli schemi stessi non riescono a raggiungere il loro completo potenziale.
Questo cosa vuol dire?
Ciò significa che determinati apprendimenti motori possono attuarsi in forma migliore, sia qualitativamente che quantitativamente, solo se mettiamo in quelle condizioni nostro figlio nell’età giusta per imparare quella determinata cosa, ma non perché lo diciamo noi, ma perché il suo corpo e la sua mente sono pronti ad immagazzinarlo.
Un esempio?
Se tra i 3 e i 6 anni non ci hanno mai insegnato a capovolgersi (fare la capriola) a 40 potremmo comunque imparare, senza avere però la pretesa di essere uguali a Simone Biles (ginnasta americana, vincitrice di 7 medaglie olimpiche e 25 medaglie ai campionati del mondo).
Le realtà educative odierne
Ciò che si può osservare nella realtà attuale è una notevole riduzione di attività fisica in tutti i paesi industrializzati già prima della scolarizzazione. Per attività fisica intendo: trasporto attivo (esempio: andare dall’amico a piedi, andare a comprare il gelato con la bicicletta, ecc.), moto spontaneo ovvero quando si giocava con la sola fantasia nei prati o nel cortile di casa, educazione fisica a scuola (sia in termini di ore settimanali, che nelle tipologie di attività proposte), sport organizzato. Tutto ciò è causa di sovrappeso e obesità in età pediatrica, peggioramento delle prestazioni motorie e calo degli indici di efficienza fisica soprattutto a livello di prestazione aerobica.
Alcune ricerche (Dardel 2000, Germania) indicano che nel 2000 in confronto agli anni ‘70 la coordinazione nei bambini della scuola primaria ha subito una involuzione e che le differenze diventano macroscopiche con l’aumentare dell’età. Una ricerca italiana (Vantini et. al. 1989-2004) condotta su soggetti di 1°-2°-3° media rileva un decremento delle prestazioni aerobiche accompagnato da un calo delle prestazioni coordinative (controllo veloce della forza e resistenza alla forza) pregiudicando così lo sviluppo delle prestazioni nel corso dell’età evolutiva.
Altresì anche un accanimento nell’ottimizzazione del naturale potenziale di miglioramento, ovvero quello che potrebbe accadere se cerchiamo di specializzare nostro figlio ad uno sport in particolare, non porta ad un reale vantaggio nel medio e lungo termine, e che apprendimenti precoci di abilità tecniche, se non supportati da un’ampia base di capacità, potrebbero causare una stagnazione nelle prestazioni.
Come agire dunque?
Con senso di esplorazione ossia cercando di approcciare attività differenti per prenderne conoscenza e percepire il proprio corpo… i benefici e le personali attitudini.
Solo risposte consapevoli (e una osservazione attenta) possono generare motivazione nel perseguire e consolidare risultati motori nelle discipline più adatte e utili a crescere la propria forma fisica.
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