“Uccise la madre”: processo d’appello per Mauro Traverso
La Procura generale chiede la conferma dell'ergastolo. Igina Fabbri morì per ipotermia
TORINO – Mauro Traverso, 48 anni, affronta il processo d’Appello davanti alla Corte d’Assise torinese. Deve rispondere dell’omicidio della madre (Igina Fabbri aveva 71 anni e abitava ad Arquata) per cui in primo grado è stato condannato al massimo della pena.
La Procura Generale ha chiesto la conferma della condanna all’ergastolo.
Il processo di secondo grado si è aperto mercoledì (3 novembre), ed è stato aggiornato dopo l’intervento delle parti. Si torna in aula a dicembre.
Il difensore, avvocato Aldo Mirate, ha riproposto una pista alternativa, alla quale finora non è stato dato credito: Traverso aveva rubato 50 grammi di cocaina scatenando la vendetta dei proprietari, che sequestrarono la madre pretendendo il pagamento dello stupefacente.
“L’imputato ha sicuramente sbagliato a non raccontare tutto subito. Ma visto l’ambiente in cui è maturata la vicenda – ha spiegato – c’erano delle ragioni. Noi pensiamo che con la sentenza di primo grado ci sia stato fatto un torto: la lettura degli elementi emersi nel corso della causa deve essere assai più rigorosa”.
Traverso si è sempre professato innocente.
La ricostruzione
Igina Fabbri morì per ipotermia il 6 febbraio 2018 in Borgata Pessino, ad Arquata Scrivia. In carcere con l’accusa di sequestro di persona e omicidio finì il figlio.
Cinque mesi di indagini sofferte avevano portato i Carabinieri del reparto investigativo del Comando provinciale di Alessandria a chiudere il cerchio proprio contro il figlio della donna.
Le fasi dell’arresto
“Buongiorno, ci manda la signora Igina Fabbri”.
“Igina Fabbri è mia madre”.
“Lo sappiamo”.
Così si presentò il luogotenente Alfio Musumeci, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri del Comando Provinciale di Alessandria, a Mauro Traverso mentre stava salendo in macchina davanti all’abitazione di Asti, dove viveva da poco tempo con la compagna.
In quel luogo e in quel momento i militari eseguirono l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip, Luisa Avanzino, su richiesta del pm Rinaldi.
Gli investigatori avevano mosso contro il figlio di Igina Fabbri ipotesi di accusa pesanti: sequestro di persona e omicidio, entrambi aggravati dall’aver commesso i fatti nei confronti di un ascendente.
Per i carabinieri, diretti dal colonnello Giuseppe Di Fonzo, non c’erano dubbi: Traverso era da ritenere responsabile.
Nel corso di cinque mesi hanno lavorato duramente, costruendo un quadro probatorio che ha inchiodato il 46enne.
Hanno smontato passo dopo passo il racconto di Traverso, dal momento in cui ha composto il numero dell’emergenza
chiedendo aiuto e sostenendo di aver trovato la donna agonizzante.
Il parere della difesa
In primo grado, l’avvocato Aldo Mirate non riuscì a smontare il quadro d’insieme mosso da Alessio Rinaldi. Per l’imputato il sequestro di Igina Fabbri era da attribuire a balordi cui aveva rubato 50 grammi di cocaina.
«L’atteggiamento di Traverso esclude che lo stesso potesse volere la morte della madre, né che si sia rappresentato tale
possibilità – aveva sostenuto – Si è comportato come, notoriamente, hanno agito negli anni passati molte famiglie di ‘ostaggi’ sequestrati per fini estorsivi che, anziché rivolgersi alle forze dell’ordine, si sono limitate a trattare privatamente con i
sequestratori».
Il dramma
Igina Fabbri, 71 anni, è morta per ipotermia il 6 febbraio 2018 dopo essere rimasta per due giorni coricata su un giaciglio, legata ai polsi con delle fascette da elettricista nella casa di famiglia che Traverso aveva messo in vendita.
Un’abitazione senza energia elettrica e riscaldamento.
La tesi secondo la quale la donna volesse andare lì per fare le pulizie in previsione di una vendita non aveva convinto
fin da subito. I Carabinieri avevano sovrapposto le dichiarazioni del figlio della donna cercando i riscontri del mondo fisico.
Video decisivi
«Abbiamo acquisto le immagini di tutte le telecamere esistenti e le abbiamo guardate. Tutte. Abbiamo acquisito il traffico telefonico del 46enne e dei soggetti appartenenti al suo circuito relazionale e li abbiamo sovrapposti alle sue dichiarazioni. Possiamo dire che ha mentito», avevano spiegato gli investigatori in conferenza stampa.
«Avrebbe mentito pure sul giorno in cui la donna è stata portata in quella casa: domenica 4 febbraio e non lunedì 5».
I movimenti dell’uomo, le conversazioni telefoniche particolarmente dinamiche avvenute anche quando sosteneva di essersi addormentato e i prelievi con il bancomat della madre, alla quale aveva depauperato i risparmi di una vita, furono ricostruiti
in modo meticoloso dai militari.
«Risulta inverosimile che non si sia accorto dell’assenza prolungata della donna».
Secondo i Carabinieri e il pubblico ministero, dunque, gli indizi raccolti portavano a Mauro Traverso.