E se ci fosse una diaspora alimentare…
Diaspora, dispersione di un popolo e delle sue istituzioni nel mondo. Quindi se c’è una dispersione c’è anche un trasferimento…
Sono un appassionato di storia e di Templarismo. Ho ricercato in documenti, testi a letteratura se in Monferrato ci fossero tracce templari. Come riferimento ho un libro scritto da Massimo Centini dal titolo ‘I templari in Piemonte’ che da un’analisi storica interessante della presenza di questo rodine in Piemonte. Le fonti piemontesi che segnalano la presenza di questo ordine cavalleresco nel nostro territorio, “riguardano fatti di carattere notarile e amministrativo, mentre sono praticamente assenti le informazioni sul piano culturale inerenti all’attività rituale dei Cavalieri. Già a una prima valutazione generale, risulta abbastanza chiaro che il tentativo di ricostruire una mappa della presenza templare in Piemonte deve tenere in debita considerazione un aspetto rilevante: la relazione tra gli stanziamenti dei Cavalieri del Tempio (magioni e ospizi) e il sistema viario dell’epoca. […] la presenza presso vie di transito utilizzate dai pellegrini rappresentava un valido contributo per fornire assistenza ai viandanti”. Questo uno stralcio tratto dal libro di cui vi accennavo. Quindi le informazioni che possiamo desumere della presenza templare in Piemonte. Se cercate in rete troverete un bel blog di Gianpaolo Pepe che riepiloga alcune informazioni desunte dal sito www.ordinedeltempio.it. Alcuni passi di questo blog riportano alle considerazioni di Massimo Centini.
Vi riporto la premessa del suo blog: “Per illustrare la presenza Templare sul territorio piemontese occorre dare uno sguardo di insieme alla distribuzione geografica ed alle scelte insediative delle case, o magioni, scelte che avevano una finalità geografica ben precisa e coerente, atte a sfruttare i vantaggi che derivano dalla presenza di importanti nodi stradali o di corsi d’acqua. Esse derivavano dall’esigenza di adempiere in primis allo scopo per cui era stato fondato l’Ordine, e che riguardava la protezione dei pellegrini che intraprendevano lunghi viaggi verso i principali luoghi di culto, su strade per lo più infestate da delinquenti e malintenzionati, ed in secondo, ma non ultimo, per poter usufruire dei commerci e delle varie attività ad esso collegati. I corsi d’acqua, oltre ad agevolare le rotte commerciali, rappresentavano anche una fonte di sostentamento durante i lunghi periodi di quaresima che, in quell’epoca, arrivavano anche a 150 giorni all’anno.”
Quindi la strada, il sentiero era una dimensione importante per lo sviluppo di una collettività. Se fate caso, in alcuni paesi la strada principale viene chiamata “La via maestra”. In quella via fioriscono attività commerciali, luoghi di incontro. All’epoca dei templari, le strade percorse rappresentavano un punto di sviluppo dell’Ordine che doveva assicurare protezione ai fedeli che le percorrevano. L’autore del blog fa riferimento alla Via Francigena “che, nel tratto italiano, partiva dal Gran San Bernardo, scendeva ad Aosta, Ivrea, Vercelli, Pavia, oppure da Novara andava a Milano. Occorre anche precisare che numerose erano le sue diramazioni. I luoghi piemontesi che maggiormente furono interessati dal passaggio dei pellegrini, oltre alle già menzionate Aosta e Susa, furono Ivrea, Vercelli, Novara, Torino, Tortona, Alessandria ed Asti. Chieri e Testona erano importanti e molto floride in quanto si trovavano lungo i percorsi della via Francigena che convergevano verso la pianura tra Torino e la Val di Susa.” A questo proposito ritorno al libro di Massimo Centini che afferma “notizie su possedimenti templari rimandano a …. Ponzone, Morsasco, Alessandria” (ho tralasciato gli altri riferimenti per concentrami sulle zone riportate dall’autore di interesse per il Monferrato.
Castello di Arzello
In effetti vicino a Ponzone, ad Arzello per la precisione troviamo la Tinassa, un vecchio castello di forma ottagonale che ricorda un grande tino rovesciato. Quando me ne parlarono associai subito l’idea ad un luogo templare in quanto il Castel Del Monte che si trova in Puglia, anch’esso di forma ottagonale, sembra abbia una paternità templare non foss’altro “per la simbologia del numero 8 che è ricorrente in tutta la struttura: la forma ottagonale è presente in tutti gli ambienti del castello, come la pianta dell’edificio stesso, del cortile e dei torrioni angolari.” Per chi non lo sapesse, il numero 8 in archeologia “viene universalmente considerato il numero difensore dell’equilibrio cosmico”. A Morsasco, invece, se osservate il castello capirete che era nato a scopo difensivo per poi trasformarsi in tarda epoca rinascimentale, in tenuta di campagna dei conti Malaspina. La cosiddetta “Casa della Commenda“ di Acqui terme, posta dietro l’edicola della Bollente sulla sinistra all’inizio di via Manzoni costituisce ormai l’unica testimonianza della plurisecolare presenza dei Giovanniti – Cavalieri del Sovrano Militare ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta in Acqui (cit. Lionello Edoardo Paolo), non ha nulla a che vedere con l’Ordine dei Templari ma testimonia il presidio di cavalieri che tutelavano e difendevano i pellegrini che all’epoca si muovevano esclusivamente a piedi. Pochi erano i nobili che potevano permettersi un cavallo. Ho preferito citare direttamente le fonti per dimostrarvi che una ricerca dei templari in Monferrato è stata fatta da me, mettendo insieme i pezzi che si trovano su internet, nei libri e in altre pubblicazioni.
Resta il fatto che la nostra fantasia può collocare i Templari anche in posti che forse non sono propriamente documentati come siti Templari. Di sicuro c’è una verità che è inopinabile: il Monferrato aveva un ruolo di importanza internazionale a quell’epoca. Come ho detto nel mio blog precedente, i Marchesi del Monferrato ricoprirono il trono di Gerusalemme e parteciparono alle crociate. Testimonianze della presenza dei crociati o templari la si ha ancora nel nostro territorio dal vitigno Malvasia e Chardonnay (ne faccio cenno sul mio blog dedicato alla diaspora alimentare). Una ragione in più per visitare il nostro territorio.
E se ci fosse una diaspora alimentare…
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