La Comunicazione Non Violenta
Quest’oggi un amico più esperto di me in materia, Franco del movimento Parents for Future Italia, ci illustrerà in una veloce panoramica alcune peculiarità della CNV (Comunicazione Non Violenta), particolarmente importante per chi fa attivismo, ma non solo. Anche nella vita di tutti i giorni può rivelarsi uno strumento molto prezioso, in quanto i suoi benefici non sono da sottovalutare!
Intro – Perché parlare di vissuti
Cosa ci rende disponibili a cambiare il modo di vedere quello che succede, o che ci aspetta, e considerare di contribuire attivamente per contrastare la crisi climatica?
L’esperienza ci dice che non è sapere le stesse cose: né le conoscenze scientifiche, né le notizie sui disastri ambientali. A tante persone la crisi climatica sembra lontana nel tempo e non fa parte della propria esperienza presente e futura: è qualcosa che accade o accadrà ad altri.
È molto più concreta nella mente – ad esempio – l’idea di un buon lavoro. E allo stesso tempo molte persone si sentono impotenti di fronte a queste cose che hanno una portata enorme, e non vedono quale possa essere un loro contributo attivo. E anche il semplice fatto che tutto il discorso rimanga relegato nel campo della razionalità lo tiene distante. Come renderlo personale e importante?
In primo luogo, raccontando storie sotto forma di narrativa, che parlino di vissuti, di esperienze personali con cui sia possibile empatizzare, includere queste esperienze nella propria vita.
In secondo luogo, ciò che ci interessa è legare attivamente le nostre emozioni personali con ciò che ci spinge ad agire, cioè i nostri valori, e trovare il modo di rendere fluido questo processo sia all’interno di ciascuno che all’interno di gruppi o di comunità. Ci appare di grande ispirazione a questo scopo la Comunicazione Non Violenta di Marshall Rosenberg (Le parole sono finestre [oppure muri]), in cui ogni messaggio efficace, indipendentemente da come è espresso, dalla sua gentilezza, dal suo impatto, è visto come un “per favore” (se parla di bisogni/valori non soddisfatti) o un “grazie” (se parla di bisogni/valori soddisfatti).
Quattro aree informative
Proponiamo qui di seguito alcune considerazioni/suggerimenti dalla CNV, che punta alla connessione e cerca le migliori garanzie di efficacia senza dare nessuno spazio alla manipolazione.
Con la CNV partiamo dal nostro desiderio di vivere in relazione e contribuire: scopo della CNV non è far fare ad altri qualcosa che non viene dal loro cuore. È connettersi e permettere alla nostra naturale empatia di sbocciare. Usiamo la CNV per arricchire la nostra vita e quella dell’altro.
Premessa: il passaggio da un sistema di dominazione a un sistema mutualistico.
La CNV è diversa da un sistema di dominazione come quello in cui la maggior parte di noi è cresciuta e vive. La visione in un sistema di dominazione è che “Ogni individuo nasce difettoso. C’è qualcuno che conosce ciò che è giusto/sbagliato, e qualcuno avrà il compito di insegnarglielo.”
Agli antipodi rispetto al sistema di dominazione, la CNV propone un sistema mutualistico. La visione nella CNV è che “Ciascuno, in ogni momento, fa ciò che di meglio sa fare per prendersi cura di un bisogno”.
Mentre l’intenzione nel sistema di dominazione è di cambiare l’altro o fargli fare quello che vogliamo, l’intenzione nella CNV è tipicamente cercare la connessione con ciò che è vivo in noi/nell’altro in un determinato momento.
L’attenzione nel sistema di dominazione è a “Cosa c’è di sbagliato in me/nell’altro? Cosa pensano gli altri di me? Cosa devo/devi fare? Cosa merito/meriti?”
In CNV ci riferiamo a un momento preciso e a quattro aree informative (che possiamo ricordare come OSBR, dalle rispettive iniziali).
Queste aree informative sono:
- L’osservazione: sono i fatti che osservo o ho osservato in quel momento, che può vedere ad esempio una telecamera. Perché ciò che dico arrivi e non sia invece preso come una critica a cui ribellarsi o da subire, è importante che le osservazioni siano separate dalle valutazioni.
Ad esempio: Quando leggo che la mia banca finanzia imprese che continuano a progettare impianti di energia non rinnovabile. - Le mie emozioni/sentimenti/il vissuto di quel momento.
Ad esempio: mi sento abbattuto.
Ciò che l’altro dice o fa, e descriviamo nell’osservazione, è lo stimolo, e non è mai la causa. Questi sentimenti dipendono da come, di fronte allo stimolo, si incontrano le nostre aspettative ed i nostri bisogni. La scelta è nostra. Le neuroscienze dicono del resto che i sentimenti (nel senso che usiamo qui, di emozioni) durano pochissime decine di secondi. Anche i bisogni che sono vivi in noi in un determinato momento possono essere diversi quando la situazione cambia. - I bisogni/valori che in quel momento sento vivi in me e sono/non sono soddisfatti.
Ad esempio: perché ho bisogno di protezione della vita e della salute/di solidarietà internazionale/intergenerazionale/di rispetto degli impegni/di libertà di scegliere l’impiego dei miei risparmi secondo i miei valori.
I bisogni/valori sono il motore della mia azione. Non è altro ciò che mi muove.
I bisogni non sono mai in contrasto fra loro, ed è possibile trovare infinite strategie per soddisfarli. Non fanno mai riferimento a una precisa persona/luogo/azione/tempo/oggetto (si può ricordare questo criterio per distinguere bisogni e strategie con le iniziali: PLATO). - Le richieste che mi rivolgo o che rivolgo a un altro o a un’organizzazione per fare un passo verso la soddisfazione dei bisogni in gioco. Le richieste sono proposte di strategie tese a soddisfare i bisogni. Al contrario dei bisogni, le strategie possono essere in contrasto fra loro, e questo può facilmente succedere. Per questo parliamo di solito di richieste di azione quando già siamo connessi. Prima ci limitiamo probabilmente a richieste di connessione.
Ad esempio: mi chiedo se sono d’accordo di programmare, questa sera, un momento per valutare seriamente se cambiare banca come ha fatto il mio amico di Parents For Future Italia.
La richiesta sarà tesa a dare all’altro la possibilità di contribuire volontariamente ad arricchire la nostra e la sua vita, attraverso qualcosa che fa liberamente e volentieri.
È importante che la richiesta sia chiara, concreta, fattibile, e faccia riferimento a una persona specifica e a un tempo vicino e definito (non a un “sempre”, ma eventualmente a “la prossima volta che”), e sia espressa in termini positivi – che dica cioè quello che chiediamo a quella persona per arricchire la nostra vita, non quello che NON vogliamo che faccia.
Soltanto esprimendo chiaramente quello che vogliamo abbiamo una buona probabilità che il nostro bisogno sia soddisfatto. Perché una richiesta possa essere accolta e la persona scelga liberamente di soddisfarla, occorre che noi siamo disposti ad accogliere volentieri qualsiasi risposta: per esempio un no non ci rattristerà. Diversamente, l’altro riceverà facilmente la nostra richiesta come una pretesa, a cui sottostare o ribellarsi.
In questi casi non si sentirebbe libero, e in qualche modo ne pagheremo comunque una conseguenza – in termini ad esempio di qualità della relazione, di positività del vissuto, di desiderio di evitare la possibilità di nuovi vissuti non soddisfacenti evitando di incontrarci o di incontrare richieste simili.
La CNV non ci chiede di esprimerci sempre esplicitando osservazioni, sentimenti, bisogni e richieste, anche se questo ci può aiutare molto per appropriarci di questo linguaggio. Quello che ci chiede è di cercare la consapevolezza dell’intenzione e delle quattro aree informative – quando intendiamo fare un passo verso la
soddisfazione dei bisogni in gioco in un determinato momento (bisogni nostri/degli altri). Questa esplorazione ha come scopo la connessione, che può arrivare dopo molti passi.
Una concatenazione di passi
Spesso molti di questi passi sono rivolti in un primo momento da noi a noi stessi, ad esempio per accogliere quanto ci sta succedendo e prendere consapevolezza del suo significato, in modo da non viverlo come una critica o un attacco personale, ma come un “per favore”, cioè l’espressione di una richiesta per soddisfare un bisogno. Questa parte del processo può essere chiamata autoempatia, e ci mette nelle condizioni di agire (consapevolmente) invece che reagire (senza consapevolezza ed equilibrio, senza connessione).
Quando siamo connessi con noi stessi possiamo cercare la connessione con l’altro ascoltando in silenzio, con la nostra attenzione rivolta a ciò che prova e di cui ha bisogno, o facendogli domande basate su esempi costruiti sulla base delle quattro aree informative. Questa parte del processo si può chiamare “dare empatia” o “ricevere con empatia”.
Ad esempio: “Intendi che di fronte al rapporto dell’ONU ti senti preoccupata perché hai bisogno di sicurezza per tua figlia e di speranza in un’efficace azione politica, e ti piacerebbe che questo raddoppio autostradale fosse cancellato?”
Stiamo quindi offrendo empatia, senza interrogare. Non ha importanza che indoviniamo, ha importanza che non pretendiamo di sapere noi come sta l’altro, ma lo chiediamo – proponendo un’ipotesi – lasciando che sia lui l’autorità in questo senso.
Prima di passare ed esprimere il nostro messaggio, di cercare una soluzione o chiedere aiuto, suggeriamo di dare all’altro l’opportunità di esprimersi completamente, fino a quando non ha più nulla da aggiungere. Per questo, se in quel momento la persona si sente a proprio agio con questo nostro modo di esprimerci, ripeteremo magari domande fino a quando vedremo l’altro rilassarsi e respirare, o cambiare argomento. Se non si sente a proprio agio, possiamo dirle perché stiamo provando ad esprimerci in questo modi in quel momento, o trovare insieme un altro modo che in quel momento sia soddisfacente per entrambi.
Siamo connessi quando siamo consapevoli dei nostri sentimenti e bisogni e di quelli dell’altro e siamo in grado di esprimerli, e l’altro è consapevole dei suoi sentimenti e bisogni, e dei nostri, ed è in grado di esprimerli. Se esprimiamo il nostro messaggio prima di raggiungere una connessione, il messaggio sarà difficilmente colto nel significato che noi intendiamo. Quello che l’altro sente può facilmente essere ad esempio una critica o una colpa.
Quando ci sentiamo connessi e vogliamo esprimere il nostro messaggio, lo possiamo pensare sulla base delle quattro aree informative, arrivando ad esprimere all’altro la nostra richiesta. Che potrebbe essere una richiesta di azione:“Saresti d’accordo di fare…?”. Questa parte del processo si chiama “espressione onesta”. Quando temiamo che l’altro possa non avere compreso il nostro messaggio, possiamo fare una richiesta di connessione, cioè una richiesta di riscontro del tipo: “Ti andrebbe di ripetermi cosa mi hai sentito dire?”, oppure: “Come ti senti quando ti dico…?”.
La CNV non è un linguaggio statico: ci chiede di evitare di pensare noi/l’altro/la relazione in termini che non cambiano, come: “è un cuoco”, “è pigro”, “è un bugiardo”. È invece un linguaggio di processo, che descrive un momento: “ha preparato il pranzo per tutti”, “è rimasto a casa in un giorno di pioggia”, “sono confuso e non capisco cosa intende con questa parola”.
La CNV ci aiuta a pensare in un modo che ci rende protagonisti attivi della nostra vita, in grado di comprenderci e accettarci e di fare lo stesso con gli altri.
Grazie mille Franco per il tuo prezioso contributo che ci ha aiutato a capire i tratti peculiari della CNV!
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Con cadenza media ogni 3 settimane, raccontiamo storie, eventi e iniziative nate per dare un contributo alla soluzione della crisi climatica.
Non c’è più tempo per non conoscere o continuare a far parte del problema!
Invitiamo i lettori che avranno piacere di inviare commenti o proporre storie da inserire nel blog a scriverci all’indirizzo: blog.marcoferrariandco@gmail.com
Grazie!
Nota: in Italia troviamo molti formatori certificati. Citiamo qui Esserci, editore di Le parole sono finestre [oppure Muri] di Marshall B. Rosenberg e di molti altri libri come Le tue parole possono cambiare il mondo, anche per insegnanti, genitori e bambini. Online e presso il suo Centro Esserci di Reggio Emilia si tengono regolarmente corsi di introduzione e di approfondimento. Altre risorse italiane, europee e internazionali sono facilmente reperibili, dai video di Rosenberg a corsi e laboratori, come in l’Arte del dialogo. Anche chi ha difficoltà economiche può trovare sostegno per partecipare alle iniziative. Infine accenniamo a Marco Bertaglia e Isabel Ortega Caro che hanno contribuito a portare la Comunicazione Non Violenta nel panorama dell’attivismo climatico italiano.