Un film, una stagione: “Quel giorno d’estate”
Il regista mette in scena ancora e sempre l’esistenza, anche se stentata e ferita, disillusa, solitaria, mosaico d’assenze, di separazioni e precarietà. È nel prendersi cura della sorella, nell’accudirla e confortarla dopo tanto dolore che David trova il proprio senso di sé e del mondo, iniziando un lento percorso di maturazione e crescita nel corso di un’estate che assurge a stagione e dimensione del tempo, anche interiore.
È difficile ricominciare a vivere dopo un grande dolore, superare l’assenza, il senso di vuoto, di perdita: è ancora più complesso farlo come reazione a un lutto, a una tragedia collettiva come quella che ha toccato l’America e il mondo l’11 settembre 2001, la Francia e la comunità internazionale nel corso degli attentati terroristici del 2015.
Terribilmente complesso è, invece, il raccontare – come sceglie di fare il regista Mikhaël Hers, esploratore di sentimenti e atmosfere già con “Memory Lane” (2010) e “Ce sentiment de l’été” (2015) – questo cumulo immane di macerie emotive e sofferenza, il prima e il dopo, il crollo e la rinascita, con piglio delicato e intimista, con intelligente e rispettosa sensibilità, in un acquerello che non trascura le sfumature e offre risalto a ogni dettaglio.
In questo film, presentato nel 2018 nella Sezione Orizzonti di Venezia 75 e candidato al Premio Orizzonti per il miglior film e la migliore regia, tutto passa attraverso lo sguardo di Amanda (Isaure Multrier), la bimba di sette anni il cui nome emblematicamente viene richiamato nel titolo, e quello di suo fratello maggiore David (Vincent Lacoste, uno degli attori giovani più interessanti degli ultimi anni), tipico esponente di una generazione under 30 che vive giornate dense di attività e occupazioni (il ragazzo lavora occasionalmente come giardiniere e gestore degli affitti per conto di un grosso proprietario immobiliare), ma senza una direzione precisa, senza affidarsi a una progettualità, a una previsione di futuro.
A Hers interessa indagare e condividere con lo spettatore la narrazione della vita, anzi, delle vite di David e Amanda, nei momenti immediatamente precedenti e in quelli successivi rispetto a ciò che l’Europa e l’Occidente hanno vissuto come ferita aperta, attentato ai più basilari principi democratici, tentativo di instaurazione del regno del terrore, e i due ragazzi, invece, nella piccolezza fragile e imperiosa delle loro esistenze, come dramma personale, perdita di una persona fondamentale e amata.
«Siamo saturati dalle immagini violente di quel periodo», spiega Mikhaël Hers. «Il film non è sugli attacchi terroristici a Parigi, volevo raccontare quel periodo attraverso una tragedia intima, suggerire il dramma anziché mostrarlo appieno, lavorare sulla periferia dell’emozione e non sul centro. Si fanno sempre film per trovare la serenità. Qui, nonostante la premessa tragica, non volevo un film cupo, ma che riuscisse comunque a essere luminoso, grazie alla luce della speranza. Racconto l’innocenza perduta, ma anche la capacità di resilienza, il riuscire ad andare avanti».
Il regista mette in scena ancora e sempre la vita, anche se stentata e ferita, anche se disillusa, solitaria, mosaico d’assenze, di separazioni e precarietà (Sandrine/Ophélia Kolb, sorella di David e madre di Amanda; Lena/Stacy Martin, fanciulla in fiore di cui il ragazzo si invaghisce).
È nel prendersi cura della sorella, nell’accudirla e confortarla dopo tanto dolore che David trova il proprio senso di sé e del mondo, iniziando un lento percorso di maturazione e crescita nel corso di un’estate che assurge a stagione e dimensione del tempo, anche interiore.
“Quel giorno d’estate” vive di frammenti di tempo, di quadri veloci, di perfezioni scomposte nell’impermanenza lieve e malinconica di tutte le cose terrene.
Con uno stile che ricorda da vicino quello di un certo – storico – cinema francese (le commedie rohmeriane in particolare) o il Richard Linklater di “Prima dell’alba” (1995) ma, soprattutto, di “Boyhood” (2014), Hers coglie appieno il sentimento del tempo e dei tempi, l’angosciosa irrealtà e il silenzio assurdo dell’uomo (vedi la scena della scoperta della strage da parte di David, silenziosa e fuori fuoco) in guerra contro se stesso e i propri simili.
Tutto scorre, e la guerra è ancora la madre del mondo, alla maniera di Eraclito. Eppure, sopravvive e buca lo schermo lo sguardo chiaro di Amanda, la magia dei gesti minimi e affettuosi, la vita futura che lei e David incarnano.
«Le strade erano quasi vuote, a parte le forze dell’Ordine, sembrava tutto irreale», ricorda Mikhaël Hers a proposito degli attentati parigini del 13 novembre 2015. «Per i bambini oggi è normale trovare i soldati per strada, i metal detector agli ingressi dei parchi e questo è agghiacciante. Per questo ho voluto fare un film rivolto verso la vita e la generazione dei Millennials, nella quale ho molta fiducia, per ricostruire un mondo diverso».
“Quel giorno d’estate” è disponibile sulle principali piattaforme di streaming on demand.
“Quel giorno d’estate” (Amanda)
Regia: Mikhaël Hers
Cast: Vincent Lacoste, Isaure Multrier, Stacy Martin, Ophélia Kolb, Marianne Basler, Jonathan Cohen, Nabiha Akkari, Greta Scacchi, Bakary Sangaré, Claire Tran, Elli Medeiros, Zoé Bruneau
Paese: Francia
Durata: 107 min.
Distribuzione: Officine Ubu
Sceneggiatura: Maud Ameline, Mikhaël Hers
Fotografia: Sébastien Buchmann
Montaggio: Marion Monnier
Musiche: Anton Sanko
Produzione: Nord-Ouest Productions, Arte France Cinéma, Pyramide Films