Refuel: l’impianto può riavviare a pieno regime l’attività di recupero di rifiuti
Sospesa la sentenza Tar, ma il danno per l’azienda di Silvano d’Orba superiore a 4,5 milioni di euro
GENOVA – Il Consiglio di Stato accoglie la domanda cautelare di Refuel e sospende la sentenza del Tar del Piemonte.
La Società accoglie con soddisfazione la pronuncia, pur constatando, con rammarico, che, nel frattempo, 10 milioni di chili, smaltiti in discarica, non hanno beneficiato delle operazioni di recupero e trasformazione in combustibile solido secondario a favore del recupero energetico nazionale.
In questo breve periodo, il danno economico per l’azienda di Silvano d’Orba è stato superiore a 4,5 milioni di euro e, nonostante le forti difficoltà e i notevoli investimenti sull’impianto per garantire il massimo di controlli, Refuel ha puntualmente assolto tutti i propri impegni con dipendenti (15 attuali oltre ai 50 che operano nell’indotto della logistica, manutenzioni e trattamenti), fornitori e stakeholders.
Con ordinanza depositata in data 11 luglio, il Consiglio di Stato, ha accolto la domanda cautelare di Refuel e ha sospeso gli effetti della sentenza del Tar Piemonte, consentendo all’impianto di riavviare a pieno regime l’attività di recupero di rifiuti.
È stato riconosciuto dal Consiglio di Stato il pregiudizio subito dalla Refuel e dal sistema di simbiosi industriale ed economia circolare del gruppo ReLife causato dallo stop al recupero del rifiuto con CER 191212.
I giudici hanno ritenuto, accogliendo la ricostruzione di Refuel difesa in giudizio dallo Studio Legale Ambientalex, che i dettagliati presidi di tutela ambientale previsti dall’autorizzazione provinciale, rigorosamente e puntualmente rispettati dall’impianto, siano idonei a scongiurare i rischi di inquinamento paventati dai Comuni e comitati che, peraltro, già lo stesso TAR Piemonte aveva riconosciuto insussistenti.
Il Consiglio di Stato, a garanzia di tutti i soggetti interessati, ha ricordato come spettino alle autorità competenti i controlli sull’osservanza dei prescritti standard ambientali, controlli che finora hanno sempre dato esiti positivi e confortanti per tutte le tipologie di emissioni coinvolte.
Refuel, persuasa di aver sempre operato nel massimo rispetto delle prescrizioni concernenti il rifiuto classificato con CER 191212 – che ne garantiscono l’esclusiva matrice secca (e, dunque, l’assenza di frazione organica putrescibile) e la provenienza da filiere controllate, peraltro soggette a verifiche interne ancora più stringenti rispetto alle già rigorose prescrizioni imposte dalla Provincia di Alessandria – può ora riavviare le attività che rischiavano di arrestarsi definitivamente.
Il pronunciamento giunge dopo circa otto settimane di incertezza causate dalla precedente sentenza del TAR Piemonte cui, a inizio giugno, era seguita la sospensione del ritiro di circa 10 milioni di chili di CER 191212.
Purtroppo, per tale ragione, il Gruppo ReLife si era trovato costretto a smaltire in discarica tale ingente quantità di rifiuto, senza poterla avviare al più virtuoso recupero energetico, tramite Refuel, presso i cementifici italiani ed esteri.
Spiace sottolineare – si legge in un lungo comunicato di ReLife – che, sia pure per il breve periodo di efficacia della sentenza di primo grado, il Paese ha marciato in una direzione diametralmente opposta a quella prescritta dalle linee guida che la UE impone da anni agli Stati membri, aggravando la sua dipendenza dai combustibili fossili in un momento particolarmente critico a causa della ben nota emergenza.
In questo breve periodo, il danno economico per l’azienda di Silvano d’Orba è stato superiore a 4,5 milioni di euro e, nonostante le forti difficoltà e i notevoli investimenti sull’impianto per garantire il massimo di controlli, Refuel ha puntualmente assolto tutti i propri impegni con dipendenti (15 attuali oltre ai 50 che operano nell’indotto della logistica, manutenzioni e trattamenti), fornitori e stakeholders.
Il Gruppo ReLife da tempo ha impostato tutta la propria strategia aziendale per garantire il riciclo delle 800 mila tonnellate di rifiuti. Grazie a selezione e trasformazione, tali rifiuti diventano ora materia prima seconda per l’industria di carta, plastica, metalli, legno e vetro avviati alle relative filiere.
Con l’impianto Refuel, il gruppo ReLife ha inteso perseguire con determinazione la riduzione al minimo delle discariche e favorire lo sviluppo del recupero energetico che, mai come in questo delicato frangente internazionale, diventa fattore di sviluppo e mantenimento della capacità produttiva nazionale. ReLife e Refuel sono fiduciosi che la pronuncia potrà ora dissipare le preoccupazioni manifestate dal territorio in merito a rischi ambientali che, ad oggi, oltre ad essere ampiamente e costantemente monitorati, sono comunque risultati del tutto insussistenti.
“ReLife Group nasce nel 2013 dall’intuizione dei fratelli Marco e Paolo Benfante, titolari dell’omonima srl fondata negli anni ’50 per la raccolta della carta da macero, e di Enzo Scalia, attuale direttore generale, insieme al fondo Xenon Private Equity.
Dal luglio scorso, la maggioranza del pacchetto azionario appartiene a F2i, il maggiore gestore indipendente italiano di fondi infrastrutturali.
ReLife Group rappresenta un unicum nel panorama nazionale ed europeo per il suo modello di crescita, dal momento che è in grado di proporre ai propri clienti nuovi prodotti derivanti dalla trasformazione dei rifiuti – carta, plastica, legno, metalli – da loro stessi forniti.
Le attività produttive sono organizzate in 4 divisioni:
– ReLife Recycling (con circa 830 mila tonnellate di rifiuti avviati a riciclo)
– ReLife Paper Mill (con oltre 115 mila tonnellate di bobine di cartoncino grigio prodotte da macero)
– ReLife Paper Packaging (con oltre 80 mila tonnellate di scatole prodotte)
– ReLife Plastic Packaging (con oltre 15 mila tonnellate di prodotti plastici).
I siti produttivi, 21 in totale, si trovano in Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto e Toscana, occupano 694 persone e generano un fatturato di oltre 270 milioni di Euro”.