Il triste primato italiano delle recensioni false
Dal numero dei siti Unesco alla quantità di opere d’arte presenti nelle nostre città, il Belpaese ha molti innegabili record a cui il digitale ne ha di recente aggiunto uno. Dopo che nel 2018, Tripadvisor ha vinto la sua prima causa a livello internazionale, istituita proprio in Italia presso il Tribunale di Lecce, anche Amazon ha deciso di presentare qui la sua prima denuncia penale, a livello europeo, contro un’agenzia che avrebbe venduto recensioni positive, ma false, ai venditori del suo marketplace in cambio del completo rimborso del bene acquistato o di buoni sconto per successivi acquisti. Questa decisione segue quella presa a livello internazionale di portare in giudizio gli amministratori di oltre 10 mila pagine Facebook per pratiche simili.
Nel mercato del commercio elettronico la tecnologia conta infatti tanto quanto la psicologia e, per una piattaforma che ha compito consolidare la fiducia attorno ai prodotti che vengono venduti e agli esercenti che li propongono, un’attività che leda l’affidabilità del sistema riducendo l’autenticità delle “recensioni verificate” è inevitabilmente una freccia scagliata nel cuore del suo modello basato su fattori quali la puntualità delle consegne, l’efficienza del servizio clienti ed appunto la reputazione dei venditori e del contesto che li ospita.
Se tutti coloro che acquistano online hanno un proprio algoritmo per valutare le recensioni, è in ogni caso utile condividere qualche suggerimento. Controllare il nome della persona che ha lasciato il commento per farsi un’idea del suo comportamento, accostare la valutazione di un venditore su Amazon a ricerche che a suo riguardo possono essere fatte anche sui social media e su portali di recensioni come Trustpilot e Feedaty sono buone pratiche come servirsi di strumenti quali Review Meta. Esso permette, in modo gratuito, di inserire l’indirizzo Internet della scheda del prodotto su Amazon per ottenere una valutazione dell’affidabilità dei commenti lì presenti e di sollevare qualche dubbio nel caso in cui, per esempio, i commenti siano scarni, i recensori tropo assidui, le informazioni generiche e soggettive.
Se su Amazon troviamo ciò che cerchiamo e su Instagram acquistiamo ciò che non stavamo cercando, in entrambi i casi le recensioni sono uno strumento indispensabile per poter cautelare le nostre scelte: anche per questo la decisione di perseguire chi le limita merita di essere apprezzata e sostenuta.
A seguito del recepimento, anche in Italia, della Direttiva Europea 2161/2019, le recensioni online sono oggi oggetto di una progressiva maggiore regolamentazione. In via di applicazione sotto il controllo dell’Agcom, tale norma modifica infatti la situazione esistente obbligando i siti e-commerce a pubblicare solo recensioni verificate e a rendere trasparente la loro indicazione qualora sia frutto di incentivazioni come sconti o vantaggi economici e di servizio.
Anche per questo motivo, la decisione di Amazon merita di essere supportata dato che è volta a rendere più sicura la principale piattaforma e-commerce presente nel nostro Paese e più ancora perché persegue chi vuole inquinare il mondo della Rete e del commercio elettronico proteggendo in tal modo aziende e consumatori.
Di recente, una società di market intelligence ha tracciato un interessante identikit delle aziende che vendono online: in Italia sono 70 mila e per il 64% hanno meno di 5 dipendenti. Si tratta dunque di un mercato che non riguarda solo le grandi aziende digital ma coinvolge anche realtà di piccole dimensioni, con un fatturato che quasi nel 90% dei casi risulta inferiore ai 5 milioni di euro. I settori di appartenenza prevalenti sono ovviamente quello del commercio all’ingrosso e al dettaglio (51,7% del totale), seguito dalle attività manifatturiere (17,5%), agricoltura (5%), servizi di informazione e comunicazione (4,6%) e attività dei servizi di alloggio e ristorazione (3,5%). La localizzazione geografica vede al primo posto la Lombardia (18% del totale), seguita dal Lazio (9,9%), Campania (9,5%), Veneto (8,8%) ed Emilia Romagna (8,4%). Il Piemonte pesa per il 7%.
Il commercio elettronico non costituisce di per sè un’opportunità per un territorio, ma lo diventa nella misura in cui l’e-commerce è usato dalle PMI locali come leva per raggiungere nuovi mercati, per creare ricchezza e per promuovere occupazione e competenze nell’ambito della comunità di riferimento. Anche per queste ragioni, le recensioni false sono illegali e ingiuste.