Le elezioni comunali del 2015 a Valenza
Un nuovo approfondimento, questa volta recente, di storia cittadina
VALENZA – Negli anni 2013-2014 il panorama politico italiano è rimescolato: il Partito Democratico, ipnotizzato da Renzi, torna a occupare quasi tutti gli spazi; i grillini indietreggiano; il centrodestra è notevolmente ridimensionato e cerca di rimettere insieme quel variopinto arcipelago che è stato fatto a pezzi senza riuscirci.
Molti valenzani, in gran parte moderati in stile democristiano, sono in preda a uno scoraggiamento collettivo, sdegnati non tanto dagli ideali politici mancati, quanto dalle persone che dovrebbero rappresentarli. La fiducia nelle istituzioni è crollata e nei partiti non esiste proprio più. Dopo essersi quasi sempre pentiti di chi hanno votato, ora si pentono prima per sicurezza.
intriso di diffidenza, il metro di giudizio dei cittadini è quasi inverso alla pratica di chi li governa, poiché appoggiano chi appare più lontano dal potere e dall’arte del governo. Non regge più neanche la vecchia divisione classista tra proletari ed élite, tra operai e borghesi.
Nelle ultime europee del 25 maggio 2014, per la prima volta molti valenzani dirottano i loro consensi sul partito che fino ad ora gli aveva cagionato orticaria, il PD, che ottiene il 38,68%. Questo accade perché il partito, con qualche torsione neocentrista, una certa rivoluzione l’ha già iniziata e bene o male l’ha anche conclusa, mentre gli altri ancora la devono cominciare. Nel centrodestra si è ridotto il bacino di voti disponibili: la Lega ha ottenuto il 7,02% e FI il 22,10%. Buono il risultato dei Cinque Stelle, che hanno preso il 22,41%.
Il restringimento del Consiglio comunale valenzano da 20 a 16 rende improbabile un altro giro a qualche politicante locale nelle prossime comunali. Aumentano le fusa e i corteggiamenti per ingraziarsi il voto di preferenza degli elettori, parecchi dei quali in cabina elettorale si comportano con lo stesso parametro che praticano al supermercato, con miagolate anche ai nemici di ieri.
All’inizio del 2015 si aprono le danze elettorali, con la voglia di voltare pagina e con alleanze extraconiugali, ma tra i valenzani regna l’angoscia che il nuovo governo sia perfino peggiore del vecchio.
Durante la precedente amministrazione, il centrodestra criticava il centrosinistra sul modo di governare la città senza avere un obiettivo reale e con molte contraddizioni, accusandolo anche di aver causato un deficit, mentre ora le parti si sono invertite, come al solito.
Il voto con cui i valenzani decideranno chi siederà a Palazzo Pellizzari nei prossimi cinque anni sarà il banco di prova per alcuni big del panorama politico locale, per certi dei reperti fossili che sostengono ancora una contesa ideologica fuori dal tempo.
Prima esitante, il sindaco Cassano aspetta la riconferma con impazienza. In pole position c’è Barbero, un veterano ringalluzzito della sinistra tradizionale, che sembra di un’altro tempo rispetto ai politicanti che vediamo sfilarci dinanzi; è lui il vincitore delle primarie PD locali dell’8 marzo 2015 (Barbero 465, Siepe 230 e Zanotto 152), quando alle urne vanno ben 854 valenzani.
Come Valenza possa tornare in vita, però, resta un enigma. Sullo scoglio del bilancio s’infranse il centrosinistra nel 2010 e, a pochi giorni dalle elezioni comunali 2015, allo stesso modo, per il consuntivo 2014, s’infrange la traballante maggioranza di centrodestra: la prima seduta è sospesa, al secondo tentativo il voto è in perfetto equilibrio (7 sì e 7 no), con assenti e qualche voltafaccia, e al terzo passaggio, chiesto dal Prefetto dopo il primo turno elettorale, i presenti non bastano per aprire la seduta. È il segnale della disgregazione del centrodestra, che neppure un accordo in extremis nei giorni precedenti al ballottaggio riesce a compattare.
Ormai l’erosione della fiducia con il procedere del tempo è un fenomeno usuale e forse inevitabile. Qualcuno cerca di trovare soluzioni, altri le ostacolano per averne un meschino giovamento politico e, in generale, si brancola nel buio in ordine sparso. Il consuntivo 2014 sarà approvato nel luglio 2015 dalla nuova maggioranza PD, con un pareggio di 57 milioni di euro e con 22 milioni di spese correnti. Leit-motiv della campagna elettorale è la piscina comunale, da tempo inagibile, da riaprire o da surrogare con il nostro fiume, come è stato per millenni. Tante parole al vento e bugie a fin di bene.
In un clima di malcontento e di defezioni, le liste elettorali per queste comunali attingono a un personale politico in parte nuovo; mancano alcuni nomi conosciuti con un passato all’interno della macchina politico-amministrativa valenzana.
Oltre al sindaco, si devono eleggere 16 consiglieri, 10 alla maggioranza e 6 all’opposizione. Se nessuno dei candidati sindaco supera il 50% dei voti validi al primo turno, si va al ballottaggio.
I candidati consiglieri nelle varie liste sono ben 203, con i candidati a sindaco si arriva a 210, quindi circa un candidato ogni 100 abitanti. Questo è rilevatore del malessere della democrazia e ci fa capire che la vecchia politica è diventata un campo profughi in cui molti partiti hanno trovato sepoltura.
C’è un peggioramento nel riconoscere il potere e le ideologie tradizionali, che, congiuntamente alla scomparsa di un confine netto tra destra e sinistra, fa affiorare alcune leadership locali scucite dalle correnti nazionali. Chiunque abbia un lievissimo consenso si sente legittimato a scendere in campo. Le varianti sono infinite. Per molti questo è il battesimo elettorale, ma hanno scelto il momento peggiore perché spesso e volentieri si ostacolano e si strattonano tra di loro. Sono poche le proposte elettorali capaci di attrarre la fiducia degli elettori e di fargli credere che dopo si passerà dalle parole ai fatti.
Il sindaco Cassano ha dato fiducia a qualcuno, ma c’è chi è sparito e chi ha abbandonato l’armata senza pentimento. Il mito dell’uomo solo al comando funziona fino a quando dirige appoggiandosi ai migliori. Se questo non avviene, il mito si dissolve e resta l’essere umano. Solo. Gli ingredienti per ottenere un fiasco ci sono tutti e d’altronde il successo non è eterno.
Il primo turno del 31 maggio 2015 si chiude con l’ottimismo d’obbligo del vincitore delle primarie PD, il candidato più accreditato Barbero (38%), e le recriminazioni di Cassano (20%) per il fuoco amico. Pare surreale, i rapporti di forza tra destra e sinistra si sono invertiti. La baracca del centrodestra frana completamente, i suoi consensi si sono dimezzati; “senza il partito non siamo niente”, diceva un vecchio slogan bolscevico.
I leghisti, che spesso e volentieri si sono ostacolati e strattonati tra loro, con il loro leader Maurizio Oddone, e i grillini, che si considerano le anime belle di questo mondo brutto, con il loro candidato Mario Cresta, sono soddisfatti del 15%. Il risultato elettorale è sconfortante per FI (13%), in arretramento a fronte dello sfondamento leghista, il terzo incomodo; ormai è scesa a percentuali imbarazzanti e quasi marginali che le impediscono di vantarsi. Anche gli altri restano delusi. C’è un magro bottino elettorale per le varie liste d’appoggio e solo un successo effimero per l’assessore Colombo, la più votata, con la lista “Vivi Valenza”.
La realtà sconfessa vanità, sogni e brigate kalimere, scarse di oratoria, immaginazione e demagogia. Mancano i demiurghi.
Al ballottaggio del 14 giugno 2015 Barbero parte in vantaggio, ma Cassano non si dà per vinto e schiera una supercoalizione composta da FI, Lega, FdI e gruppo Merlino, aggrappandosi a tutto per non affondare.
Gianluca Barbero, esponente del Partito Democratico, commerciante valenzano e navigato politico locale, si riprende il Palazzo che gli altri hanno preso a noleggio per cinque anni. Il ceffone ai suoi predecessori è sonoro. Lo fa superando la stramba alleanza démodé del centrodestra, figlia dell’assurdità del ballottaggio. Attorno a lui ci sono alcuni giovani e qualche stagionato che pare aver ritrovato lo slancio di un tempo, nella cui mente le vecchie ubicazioni politiche sono ormai passate dal comunismo all’egomunismo, quasi una variante eccentrica.
Per l’ex sindaco Cassano, che ce l’ha messa tutta per perdere con un esercizio faticoso e continuo, quella passata è stata un’amministrazione piena di anomalie. Egli ha ereditato una situazione patrimoniale inaudita, ha acquisito un gruppo di consiglieri che lo hanno sostenuto poco e che poi sono andati chissà dove e ha avuto guai con la piscina, il mercato coperto, una serie di assessori usa e getta, ecc. I pochi votanti del ballottaggio (43%) danno a Barbero il 54% e il 46% a Cassano.
È cresciuto il disgusto nei confronti dei politici, o politicanti, ed è diminuita ancora la voglia di recarsi ai seggi (8.660 al primo turno e 7.180 al ballottaggio su 16.565 elettori). Il senso civico non c’è più, ammesso che ci fosse prima. Restano solo apostoli e apologeti. Un elettore su due messo in fuga occhieggia schifato, disilluso, confuso e ormai indifferente a questa politica.
Gli ultimi avvenimenti economici locali, la crescita del lavoro e la politica industriale che sembra riprendersi hanno confuso anche quel poco di elettorato che ancora non era fuggito nell’astensionismo.
Il senso di appartenenza alla città è sempre meno diffuso, siamo tornati all’Ottocento quando la politica era riservata a una élite e tutti gli altri subivano, ma in quell’epoca i politici erano preparati e competenti, mentre ora si auto-elogiano descrivendo i loro successi anche se i dati non dicono la stessa cosa. Forse seguono la raccomandazione di Platone per una dittatura illuminata, in cui è opportuno mentire al popolo per il suo bene.
O forse per noi certi valori e certi diritti sono venuti a noia perché li crediamo conquistati per sempre, ma non è così.