Gli insetti nella nostra alimentazione: un fatto di moda o quasi indispensabile?
Recenti dati statistici indicano che la crescita della popolazione mondiale si aggira intorno ai 75 milioni ogni anno, con una crescita netta da circa 1 miliardo nel 1804 agli 8 miliardi di oggi. Le proiezioni per il futuro parlano chiaro: stando ...
Recenti dati statistici indicano che la crescita della popolazione mondiale si aggira intorno ai 75 milioni ogni anno, con una crescita netta da circa 1 miliardo nel 1804 agli 8 miliardi di oggi. Le proiezioni per il futuro parlano chiaro: stando alle previsioni formulate dalle Nazioni Unite, procedendo con questi ritmi, la popolazione mondiale dovrebbe aumentare di altri due miliardi nei prossimi trent’anni.
Il problema enorme, non difficile da comprendere, è che le risorse di ogni tipo e, fra queste, le risorse alimentari, potrebbero divenire grandemente insufficienti. Possiamo immaginare una crescita sufficiente di animali da allevamento in grado di soddisfare le richieste nutrizionali di 10 miliardi di persone?
Come abbiamo visto in articoli precedenti le proteine sono i mattoni fondamentali del nostro organismo, noi siamo proteine e senza di esse la vita diventa assolutamente impossibile. C’è un fatto in più e cioè che le proteine devono contenere tutti gli amminoacidi essenziali, quelli che non siamo in grado di produrre endogenamente e dobbiamo, necessariamente, assumere con la dieta. E qui nasce un problema notevole. Le proteine di origine vegetale che possiamo assumere sotto forma di cereali e legumi hanno una composizione in aminoacidi essenziali che è certamente adatta per piante e vegetali, ma non per gli animali, perché il profilo di amminoacidi essenziali non è corretto.
Per l’uomo occorrono proteine animali nella dieta, più adatte al nostro organismo. Abbiamo quindi bisogno di mangiare carne, pesce, uova, formaggi e, per avere a disposizione questi alimenti, occorrono allevamenti. Esiste anche un altro problema e cioè che gli allevamenti di bestiame sono responsabili per circa il 20% dell’emissione di gas serra nell’atmosfera e, inoltre, sottraggono grandi aree che potrebbero essere occupate da coltivazioni. Rifacciamoci allora la domanda: è possibile pensare di far crescere di un ulteriore 25% gli allevamenti di bestiame per coprire i fabbisogni di 10 miliardi di persone? La risposta è probabilmente no. Si presenta quindi la necessità di rinvenire altri alimenti, come fonte proteica soddisfacente, che possano sopperire alle carenze di fronte alle quali, inevitabilmente, ci troveremo. Gli insetti possano aiutarci in questo arduo compito?
Esistono moltissime specie di insetti commestibili che risultano, per la maggior parte, una buona fonte di proteine e di sali minerali; allo stato larvale contengono anche una buona quantità di lipidi e vitamine. Alcuni lavori recenti hanno analizzato il contenuto di proteine, minerali e grassi in diverse specie essicate e quello che si è trovato è che il contenuto medio proteico oscilla fra 40 e 75g/100g, i minerali sono compresi fra 3 e 8g/100g e i lipidi fra 7 e 77g/100g. Dal punto di vista proteico, per tornare al punto sopra citato, è fondamentale il fatto che gli insetti presentano un contenuto di amminoacidi essenziali quali lisina e metionina elevato, rispetto a cereali e legumi che invece ne sono carenti.
Nel mondo si consumano più di 1900 specie di Insetti. E in Europa? Al momento l’Unione Europea ha già autorizzato per la vendita, come cibo da portare in tavola, oltre ai grilli domestici (Acheta domesticus), la larva gialla della farina (Tenebrio molitor) e la Locusta migratoria. Gli insetti sono considerati Novel Food, termine che indica quei prodotti e sostanze alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo significativo fino al 15 maggio 1997. Naturalmente, gli alimenti che contengono insetti devono riportare nell’etichettatura non solo il nome scientifico dell’insetto presente, ma anche deve essere chiarita la possibilità di reazioni allergiche.
L’utilizzo di insetti si scontra ovviamente con molte resistenze da parte del pubblico, con l’impatto di qualcosa di nuovo che, solitamente, viene associato a malattie, con il senso di disgusto che deriva dal pensare a cibo andato a male e a contaminazioni in genere e, non ultimo, con la neofobia, cioè la paura del “nuovo”. Non è facile vincere queste opposizioni e sono in molti quelli che affermano che mai e poi mai proveranno a mangiare prodotti derivati dagli insetti. Ci sarà quindi molto lavoro da fare. Recentemente una rivista scientifica, Appetite, ha pubblicato una metanalisi cercando di fornire possibili risposte per individuare linee generali da seguire per avviare la popolazione al consumo. Certamente, buoni punti di partenza potrebbero essere un’informazione chiara e corretta, prodotti sensorialmente attrattivi e occasioni per poterli provare. Non ci resta che provare e…in piccolo, potremmo contribuire a migliorare le sorti del nostro bellissimo pianeta.