Omicidio Borghetto, il Codice Rosso che non prevede attenuanti è incostituzionale
Lo ha deciso oggi la Corte Costituzionale. "Sono molto soddisfatto", ha commentato a caldo l'avvocato Lorenzo Repetti che assiste la donna
ALESSANDRIA – Anche nei processi per omicidio commesso nei confronti di una persona familiare o convivente il giudice deve avere la possibilità di valutare caso per caso se diminuire la pena in presenza della circostanza attenuante della provocazione e delle attenuanti generiche. Il caso coinvolge anche Agostina Barbieri, la donna che l’11 luglio 2021 uccise il marito Luciano Giacobone nella loro casa di Borghetto Borbera. Condannata in primo grado dalla Corte d’Assise di Alessandria a 4 anni e 10 mesi, la vicenda si era poi spostata in Appello dove i giudici per valutare la richiesta della difesa di concedere le attenuanti per aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale, aveva rimandato gli atti alla Corte Costituzionale
“Sono molto soddisfatto – afferma l’avvocato Lorenzo Repetti che assiste la Barbieri- perché la Corte Costituzionale, accogliendo l’eccezione di legittimità proposte anche dalla difesa, con tale decisione ha consentito di adeguare la pena al caso concreto. In particolare, pur non ravvisando l’Assise d’Appello la scriminate della legittima difesa putativa, la decisione della Consulta riconosce l’applicabilità delle attenuanti della provocazione e generiche oltre a quella dei motivi di aver agito per motiva di particolare valore sociale e morale (la salvaguardia della vita del figlio) con giudizio di prevalenza rispetto all’aggravante del rapporto parentela valorizzando la posizione della Barbieri che nella vicenda era la vera vittima avendo subito per lungo periodo maltrattamenti e vessazioni“.
La decisione della Corte Costituzionale
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza numero 197, depositata oggi (redattore Francesco Viganò), con la quale è stato dichiarato incostituzionale l’ultimo comma dell’articolo 577 del codice penale, introdotto dalla legge numero 69 del 2019 (cosiddetto “Codice Rosso”). La norma vietava eccezionalmente al giudice di dichiarare prevalenti le due attenuanti rispetto all’aggravante dei rapporti familiari tra autore e vittima dell’omicidio.
La questione era stata sollevata da due ordinanze della Corte d’assise d’appello di Torino (tra queste, quella riferita al caso alessandrino di Agostina Barbieri che uccise il marito dopo una vita di soprusi) e da un’ordinanza della Corte d’assise di Cagliari.
La Corte d’assise d’appello di Torino sta procedendo nei confronti di un giovane, diciottenne al momento del fatto, accusato di avere ucciso il padre in occasione di un ennesimo episodio aggressivo nei confronti propri, della madre e del fratello. La Corte torinese non ritiene – a differenza di quanto stabilito dai giudici in primo grado – che l’imputato abbia agito in legittima difesa, ma gli riconosce varie attenuanti, tra cui la provocazione e le attenuanti generiche.
In un diverso procedimento, la stessa Corte d’assise d’appello deve giudicare della responsabilità penale di una donna, Agostina Barbieri appunto, che aveva ucciso il marito, autore di reiterati comportamenti violenti e prevaricatori nei confronti propri e del figlio. Il fatto era accaduto a Borghetto Borbera. Anche in questo caso, la Corte esclude la legittima difesa, ma ritiene che all’imputata debbano essere riconosciute, tra l’altro, la provocazione e le attenuanti generiche.
La finalità del Codice Rosso
La Corte costituzionale, si legge in un lungo comunicato, ha ritenuto, in particolare, che il divieto posto dalla norma censurata determini una violazione dei principi di parità di trattamento di fronte alla legge, di proporzionalità e individualizzazione della pena sanciti dagli articoli 3 e 27 della Costituzione.
La norma impone infatti al giudice di applicare la stessa pena (l’ergastolo o, in alternativa, la reclusione non inferiore a ventun anni) sia ai più efferati casi di femminicidio, sia a casi come quelli oggetto dei procedimenti principali, caratterizzati da significativi elementi che diminuiscono la colpevolezza degli imputati, e nei quali una pena così severa risulterebbe manifestamente sproporzionata.
La decisione odierna, ha sottolineato la Corte, non contraddice in alcun modo la legittima, ed anzi apprezzabile, finalità del “Codice Rosso” di intervenire con misure incisive, di natura preventiva e repressiva, contro il drammatico fenomeno della violenza e degli abusi commessi nell’ambito delle relazioni familiari e affettive.
Tuttavia, ha evidenziato che l’assolutezza del divieto posto dal legislatore può comportare nei singoli casi risultati contraddittori rispetto a questo scopo, finendo per determinare l’applicazione di pene manifestamente eccessive in “situazioni in cui è il soggetto che ha subito per anni comportamenti aggressivi a compiere l’atto omicida, per effetto di una improvvisa perdita di autocontrollo causata dalla serie innumerevole di prevaricazioni cui era stato sottoposto”.
L’Assise valuterà caso per caso
In conseguenza di questa decisione, le Corti d’Assise avranno nuovamente la possibilità di valutare caso per caso se debba essere inflitta la pena dell’ergastolo, prevista in via generale per gli omicidi commessi nei confronti di un familiare o di un convivente, ovvero debba essere applicata una pena più mite, adeguata alla concreta gravità della condotta dell’imputato e al grado della sua colpevolezza.