Illustrazioni politiche satiriche su Valenza di Gianpiero Accatino
Assicuratore, artista e politico che ha graffiato e raccontato aspetti non troppo evidenti della politica nostrana
VALENZA – L’autentico valenzano Gianpiero Accatino (1934-2003), da sempre grande appassionato di disegno, ha collaborato a numerose pubblicazioni periodiche, sia in ambito locale e nazionale. Con disegni originali e peculiari macchiettistici e un po’ irriverenti, ha graffiato e raccontato aspetti non troppo evidenti della politica nostrana. Un valenzano poliedrico che è stato assicuratore, artista e politico impegnato a lungo tra le file della DC.
Lo straordinario tratto di Gianpiero Accatino, con il suo sguardo ironico e tagliente, è una finestra importante e grottesca sulla politica locale degli anni Sessanta, quando certi democristiani di fede non confondono ancora Gesù Cristo con Karl Marx, come si vede in queste vignette pubblicate su Il Popolo di Valenza, periodico della Democrazia Cristiana di Valenza di quel tempo, con poca sobrietà e alcune gaffe.
Siamo negli anni Sessanta, un periodo in cui la fascinazione del comunismo è ancora grande. Se una buona parte del ceto medio è vicina alla sinistra, pur conservando valori e mentalità piccolo borghesi, molti imprenditori comunisti valenzani convivono con un ingombrante paradosso: la possibilità di essere comunisti e ispirarsi all’ideologia marxiana e alle sue derive leniniste o maoiste ammettendo allo stesso tempo l’esistenza, le azioni e i loro comportamenti nella società capital-borghese tanto disprezzata e criticando l’Occidente che li ha resi facoltosi. È quasi un ossimoro, un’anomalia e con questo l’opposizione democristiana ci va a nozze, alcune volte pubblicando notizie ingannevoli e invettive che sfiorano l’insolenza.
Ormai da molto tempo, un’accusa pesante mossa dagli inflessibili avversari politici agli esponenti più in vista del Pci di Valenza è quella di essere comunisti e proletari solo a parole, mentre in realtà la maggior parte di loro vive e prospera nella società capitalistica, conducendo una vita borghese sotto ogni aspetto e accumulando talora anche ingenti ricchezze. Una grassa borghesia che attivando “lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo”, in perfetta coerenza marxista, ha ingigantito i propri capitali e ha potuto crearsi una prosperità notevole, una vita comoda, abitazioni lussuose e auto invidiabili. Questi sono malevolmente chiamati i “capitalcomunisti” o “proletari a ostriche e champagne”. Gli accusati, invece, sostengono che non occorra essere poveri per essere di sinistra, ma che conti è essere contro la povertà.
Alla fine dell’estate del 1964, la locomotiva elettorale è in pieno movimento e i vari partiti stanno preparandosi ad affrontare la sfida che porterà al voto del 22 novembre per il rinnovo del consiglio comunale. Annusando bene il grande raglio di propaganda, si sente odore di cambiamento, ma pochi prevedono l’inizio del periodo politico tanto convulso che resterà impresso nella storia di Valenza come uno dei più ricchi di contraccolpi: si dovrà votare per ben tre volte in due anni per riuscire a dare una nuova giunta comunale e amministrativa alla città. Ciò che sconvolge il rapporto di maggioranza in queste e nelle successive elezioni è la divisione dei due partiti socialisti, che di certo non giova alla sinistra: è arrivato a maturazione uno scontro che si era manifestato già all’indomani della nascita dello Psiup. Quest’ultimo, che aveva in consiglio quattro esponenti, eletti nella vecchia formazione politica ancora unificata, in questa elezione ottiene solo un seggio che, sommato ai 14 ottenuti dal Pci (uno in più dalle precedenti comunali), non dà la maggioranza, a meno di non trovare altre alleanze in uno degli altri partiti che hanno loro rappresentanti nella nuova assise comunale. Il Pci ha sempre meno aderenti e il Psiup ha sempre meno elettori, con qualche rivoluzionario da salotto: la coppia perfetta per non vincere. Il Psi si mantiene nelle sue posizioni annunciate nel corso della campagna elettorale, cioè una probabile collaborazione fra Psi, Psdi e Dc; in altre parole, tra i partiti del “centrosinistra”. Resta solo il consigliere liberale non certo assimilabile in un’alleanza Pci-Psiup, ed è quindi molto difficile trovare un accordo per formare la nuova giunta, cosa che trasforma la generica euforia preelettorale in depressione. Prima e dopo la consultazione, dura e surrettizia è l’accusa rivolta dai DC ai liberali per aver presentato una lista piena di forestieri e ai comunisti per aver messo le firme mancanti affinché questa lista potesse essere presentata al fine di disperdere i voti dell’opposizione tramite i resti.
Nelle elezioni comunali del novembre del 1966, ci sono grosse novità tra le liste dei partiti: non solo scompaiono il Psi e il Psdi, unificati nel nuovo Psu, ma anche il Pci e lo Psiup formano una lista comune. La sorpresa maggiore è data dalla lista unitaria comunista-socialproletaria, un poco fortunato tentativo di fare un partito unico senza dirlo apertamente. La sezione di Valenza del Psiup ha preso la decisione in un’assemblea degli iscritti e dei simpatizzanti, decisione discussa anche nella sede del direttivo provinciale, che ha ribadito in linea generale il principio della lista di partito lasciando liberi i socialproletari valenzani di presentare una lista unitaria con il Pci. La lista Pci-Psiup comprende anche il gruppo degli indipendenti, che in queste elezioni ha formato una consistente unione con una proposta elettorale distinta dai due partiti. Gli indipendenti non subiscono il fascino perverso di certe suggestioni collettive di moda, dicono di non avere tessere in tasca, si dichiarano contro tutte le discriminazioni ideologiche, ma in favore di cosa è solo un dettaglio. Sono il principale bersaglio di turno degli avversari.
Sembra un periodo dove, nella rabbiosa politica locale, venne sconfitta la ragione. Ma sono sepolcri ideologici da tempo scomparsi.