La scuola a Valenza dal Dopoguerra
Un viaggio nella storia dell'educazione scolastica valenzana
VALENZA – A Valenza negli anni del secondo Dopoguerra, quando la scuola tiene ancora i bambini lontani dalle bambine per evitare contatti e salvaguardare antichi decori, esistono la scuola privata “Sacra Famiglia”, l’elementare, la media, l’avviamento professionale e l’istituto tecnico commerciale, che in questi anni formerà la parte più consistente della cultura locale; essa avrà la presunzione di fornire un futuro tranquillo ai suoi diplomati e sarà il punto d’arrivo scolastico sognato per il figlio o la figlia in modo da evitargli la vita a sgobbare al banco. Più avanti, ci penserà Fantozzi a svalorizzare questo titolo.
Nel 1950 l’associazione orafa locale, contribuendo anche finanziariamente con una cifra iniziale di 25.000 lire, ottiene l’apertura di un istituto scolastico professionale d’oreficeria che prende il nome di “Benvenuto Cellini”, accanto al quale sorgerà presto un gabinetto di gemmologia. Nasce così, fra un certo disinteresse dei valenzani, una scuola che darà prestigio a questa città ma che sarà uno dei principali trampolini per esportare il mestiere in altre realtà.
Il Paese ha un infinito bisogno di diritto allo studio, giacché finora è stato difficile non restare nelle condizioni culturali della famiglia d’origine. Nel 1951, nel Comune di Valenza il grado d’istruzione è così ripartito: il 69% è in possesso della licenza elementare, il 7,6% della licenza scuola media inferiore, il 3% del diploma superiore e lo 0,5% della laurea. Negli anni Cinquanta, le classi sono molto numerose, quindi il docente deve essere molto severo per tenere la disciplina e a volte utilizza anche metodi che in seguito non saranno più tollerati.
Dal 1956, i giovani lavoratori devono frequentare i corsi complementari per apprendisti, per una mezza giornata settimanale, corsi che dovrebbero fornire una formazione teorica generalizzata, ma che non ottengono risultati soddisfacenti, poiché il giovane apprendista non mette alcun impegno e il datore di lavoro, per ragioni essenzialmente economiche, è contrario a questo tipo di formazione vuota e fasulla.
Il 27 luglio 1960 l’amministrazione comunale, dopo aver cincischiato per lungo tempo, approva la progettazione del primo asilo nido e infantile comunale in regione San Giovanni, che comincerà a funzionare nel 1967; è l’avvio in questa città di una politica sociale educativa, allineata alle narrazioni politiche in corso.
Il 31 dicembre 1962 in Italia viene istituita la scuola media unica, scompare l’avviamento e, come per le elementari, sino ai 14 anni la scuola è uguale per tutti. Nascono le classi miste e il latino diventa materia facoltativa al terzo anno. L’insegnante, però, comincia a perdere dignità e l’insegnamento sta diventando una professione poco più che part-time: una intera concezione del mondo scolastico si va dissolvendo. La distribuzione delle varie scuole in città è la seguente: elementare in viale Oliva, media in via Vittorio Veneto, l’istituto d’oreficeria in viale Cellini e l’istituto tecnico commerciale in via Cavallotti.
Nel 1965, la situazione degli edifici scolastici valenzani si può considerare soddisfacente: ci sono asili nido per 40 bambini, scuole dell’infanzia per 220 allievi, scuole elementari e medie per 2.000 studenti e scuole superiori per 700 studenti. Nel 1967, inizia a funzionare la scuola dell’infanzia e l’asilo nido di via Camurati, dove, nel 1982-83, i bambini iscritti all’asilo nido saranno 38 e quelli alla scuola d’infanzia 144. Le motivazioni del poco utilizzo dell’asilo nido risiedono nella scelta di risolvere il problema all’interno del nucleo domestico o ricorrendo ad altri familiari, come da tradizione.
Dal 1955, l’incremento notevole della popolazione scolastica delle elementari ha creato problemi all’amministrazione comunale per la ricerca di locali. Dai venti insegnanti del Dopoguerra si salirà al numero massimo di 77 nell’anno scolastico 1977-78, con 1.615 scolari. L’occupazione di locali di proprietà privata, quali l’Oratorio maschile e la Villa Gropella, e la costruzione del prefabbricato di via Michelangelo risolvono di volta in volta la situazione che si presenta. La costruzione dell’edifico scolastico “7 Fratelli Cervi”, la ristrutturazione dei vecchi locali di via IX Febbraio, l’occupazione provvisoria del Sacro Cuore, della Madonnina e dell’ex Enaoli sventano la necessità di doppi turni.
Nella seconda metà degli anni Settanta, la situazione scolastica elementare conosce un regresso quasi improvviso dovuto alla cessata immigrazione nazionale e alla denatalità, che andrà sempre più accentuandosi. Con la diminuzione della popolazione scolastica, le strutture diventano maggiormente funzionali e si rendono così disponibili locali da adibire ad attività integrative e opzionali.
Nel 1971 a Valenza ci sono 4 sedi di elementari pubbliche e 2 private. I bambini nati nel 1969 che iniziano il ciclo elementare nell’anno scolastico 1975-76 sono 338. Gli alunni iscritti nel Primo Circolo Didattico nell’anno scolastico 1980-81 sono così suddivisi: 419 al Don Minzoni, 218 al Carducci, 6 a Monte e 31 alla Gropella. Nell’anno scolastico 1984-85 sono 362 al Don Minzoni, 145 al Carducci, 13 a Monte e 16 alla Gropella. Nell’anno scolastico 1989-90 sono 308 al Don Minzoni, 96Carducci, Monte 12. Quelli iscritti nel Secondo Circolo Didattico nell’anno scolastico 1980-81 sono così suddivisi: 660 alla 7 Fr.Cervi, 122 alla Madonnina e 10 a Villabella. Nell’anno scolastico 1984-85 sono 433 alla 7 Fr.Cervi, 71 alla Madonnina e 15 a Villabella. Nell’anno scolastico 1989 90, 381 alla 7 Fr.Cervi, 90 alla Madonnina e 8 a Villabella.
Da un gruppo di insegnanti provenienti dai corsi complementari per apprendisti (INAPLI), nel 1969 viene creato il primo nucleo di scuola di addestramento professionale, inizialmente rivolta alla specializzazione e alla qualificazione degli adulti realizzata con corsi serali. Con l’istituzione delle regioni, l’inizio del declino dello stato italiano, il Centro di Formazione Professionale, sito nell’oratorio Sacro Cuore, passa, nel 1972, alle dirette dipendenze della Regione Piemonte e sviluppa l’attività diurna, rivolta ai giovani licenziati dalla scuola dell’obbligo.
All’inizio degli anni Settanta, la scuola preparatoria di Valenza, costituita da asili e materne, comprende 6 unità pubbliche e 3 private. Nel 1976 comincia a funzionare la scuola d’infanzia con l’asilo nido “Rota”, che si trova nel vecchio centro urbano, in via Pastrengo, a ridosso del Po, in un vecchio fabbricato di proprietà comunale, usato una volta come sede della scuola femminile elementare e poi come mensa comunale; è stata realizzata grazie al dono del concittadino Dario Rota e della Cassa di Risparmio di Alessandria e intestata a uno dei pionieri della gioielleria valenzana, Costantino Rota. Poi, nel 1977, parte l’asilo nido di via Sassi.
Le fasce delle rette scolastiche degli asili vengono ormai stabilite sulla base della capacità di reddito di ognuna delle famiglie. Nel 1982-1983 i bambini iscritti alla scuola d’infanzia Rota saranno 47, quelli iscritti al nido Rota 24 e i bambini iscritti all’asilo nido di via Sassi 16.
Nei primi anni Novanta, l’offerta complessiva è costituita da 2 asili nido, una scuola materna pubblica e 2 private, ma il fattore tempo di utilizzo andrebbe meglio analizzato, non solo sotto il profilo dell’orario ma anche del calendario. La frequenza, nell’insieme, è sempre elevata: superiore al 50% dei bambini aventi l’età d’iscrizione. Nel 1991 gli iscritti agli asili nido rappresentano il 27% della popolazione valenzana compresa tra gli 0 e i 2 anni contro, il 14% del Piemonte.
Le scuole medie ora sono due, la Pascoli e l’Anna Frank. Anche in questo ordine di scuola gli alunni crescono sino a metà degli anni Settanta, periodo in cui si stabilizzano, e poi cominciano a scendere consistentemente. Alla Pascoli abbiamo 678 alunni nel 1977-78, 508 nel 1984-85, 342 nel 1989-90; alla Frank ne abbiamo 508 nel 1977-78, 463 nel 1984-85 e 434 nel 1989-90. I licenziati complessivi sono 260 nel 197475 e 285 nel 1975-76.
Notevole, invece, è l’incremento degli iscritti alle superiori. Se questo è da considerare estremamente positivo ai fini di una elevazione culturale globale, l’eccesso di diplomati in scienze inutili va a discapito di lavori sicuri e remunerativi: non è ancora entrato in testa alle persone che un diplomato possa essere anche un buon orafo.
L’Istituto Professionale Cellini nasce nel 1950 e più tardi, nel 1971, viene trasformato in istituto d’arte; il passaggio è tutt’altro che semplice, ma è l’unico a disposizione. Con un cambiamento precoce, forse un po’ troppo, si passa dai 41 iscritti alle classi prime del 197172 ai 60 nel 1976-77. Poi, terminato il ciclo dei frequentanti del vecchio istituto professionale, nel 1984 gli studenti totali dell’istituto d’arte sono ben 500, ma di ragazzi del posto ce ne sono davvero pochi, all’incirca il 5%; dei restanti, un buon 25% proviene da tutta Italia, un 10% dall’estero e il rimanente 60% proviene dalle località limitrofe, studenti che viaggiano ogni giorno. Nata con grandi aspettative, comprensibili ma irrazionali, questa scuola opera ormai in una realtà distaccata dal mondo del lavoro locale; la frequenza dei giovani provenienti da altri paesi sembra più un fatto turistico che di preparazione professionale, mentre per gli altri l’interesse è rivolto solo al titolo di studio – per diventare maestro d’arte servono tre anni, per ottenere la maturità due in più.
L’Istituto Tecnico Commerciale è cresciuto in parallelo con lo sviluppo economico della città. Nato nel 1943 come sezione staccata dell’Istituto Tecnico Vinci di Alessandria, nel 1958 è stato dichiarato autonomo e ha assunto la denominazione di “C.Noè”. Il numero complessivo di alunni è di 283 nell’anno scolastico 1976-77 e 391 nel 1979-80. La situazione difficile dei locali, originariamente in via Cavallotti, viene risolta con la costruzione di un nuovo edificio in Porta Bassignana, in un’area antistante l’ISA. Tutti gli istituti superiori sorgeranno nella stessa zona.
Il Liceo Scientifico Alberti sorge nel 1969-70 su sollecitazione di una consistente parte della città, onde garantire una solida preparazione per l’università. Il primo anno gli alunni sono 29, ma nell’anno successivo già triplicano. Nel 1977-78, anno in cui il liceo diventa autonomo – fino ad allora è stato una sezione distaccata del Galilei di Alessandria – gli iscritti sono 181 e si rende necessario il trasferimento dal fabbricato di via Michelangelo ai locali non occupati dell’istituto d’arte. Nell’anno scolastico 1980-81, gli iscritti sono 226. Nel 1986 ha inizio la sperimentazione della sezione linguistica.
Da un’indagine effettuata nel 1971 sul mezzo di trasporto utilizzato per andare a scuola, sia la media inferiore che la media superiore di Valenza, sono emersi i seguenti dati: il 67% va a piedi, il 5% in bicicletta, il 18% in automobile, il 2% in scuolabus, il 4% in corriera e il resto non ha risposto. Oggi da solo a scuola va meno del 20% degli alunni iscritti.
L’esperienza degli organismi collegiali per la gestione democratica della scuola (decreti delegati del 1974) viene giudicata in modo diverso col passar degli anni. C’è chi la ritiene positiva, chi negativa e chi inutile. È stata sicuramente un’innovazione significativa, un nuovo segno di democrazia, ma la sempre più scarsa partecipazione e le varie delusioni provate dopo l’entusiasmo iniziale hanno finito per cancellare l’illusione di chi credeva che bastasse entrare nella scuola per cambiarla.
All’inizio dell’esperienza, a metà degli anni Settanta, erano molti e sono ancora tanti nei primi anni Novanta quelli convinti che la scuola tanto meglio funzioni quanto meno venga disturbata. Questa riforma, pur riservando le competenze di fondo all’istituzione scolastica, ha aperto un ambito di partecipazione a un numero considerevole di persone che, al momento dell’entrata in vigore della riforma, hanno risposto con entusiasmo: tutti parlavano di liste dei rappresentanti, di programmi e di elezioni e le assemblee erano affollate. Poi, dopo la contesa culturale e politica pervasiva degli inizi, in cui il virtuale dell’ideologia strangolava il reale, con aspirazioni retoriche e teoriche e con bisticci inutili, man mano che gli anni trascorreranno, quest’interesse diminuirà sempre più, facendosi via via più debole.
Distretto scolastico primi anni ottanta
Nei primi anni Novanta, alla scuola media “Frank” sono iscritti circa 300 alunni, un po’ meno alla Pascoli. In questi decenni sono aumentati considerevolmente i laureati: erano qualche decina nel 1946, 71 nel 1951, 128 nel 1961, 150 nel 1971.
Il binomio scuola ed economia, però, stenta a realizzarsi nella realtà locale. Il rapporto tra titolo di studio e fasce d’età indica un aumento della scolarità nelle generazioni più giovani, evidenziato dall’alta percentuale dei possessori della licenza elementare tra gli ultrasessantenni, circa il 60%, e la presenza quasi esclusiva di diplomati fra coloro che hanno meno di cinquant’anni.
Nel 1991, gli analfabeti sono ancora 175, di cui 75 con più di 64 anni, ma i privi di titolo di studio sono 1.819. I laureati sono 476 e i diplomati 3.665. Dieci anni dopo i laureati saranno raddoppiati a 940 e i diplomati cresciuti di un migliaio, arrivando a 4.734.
Nelle due scuole con indirizzi orafi calano gli studenti, come se il settore orafo non venisse più percepito come una buona prospettiva lavorativa. Si fa sempre più insistente la convinzione che questo addestramento orafo, intriso di presunzione, sia servito principalmente a sfornare una concorrenza feroce, insegnando a lavorare l’oro a tutto il mondo.
Nel 1992 all’ISA Cellini gli allievi sono 483, ma nel 2010 saranno solo un centinaio, con pochi valenzani. Nel Centro di Formazione Professionale sono mediamente 150 gli iscritti annuali complessivi; nel 1998 questa scuola subisce anche un rilevante cambiamento istituzionale: nasce il FOR.AL, un consorzio per la formazione nell’alessandrino, ente misto pubblico-privato che acquisisce il Centro di formazione valenzano (A.F.T.) e che gestirà, in convenzione con la Regione Piemonte e la Provincia di Alessandria, quest’importante fetta dell’istruzione. Facendo un po’di conti con i soldi spesi per la formazione professionale, viene fuori che la frequenza di un giovane costa quasi il doppio di un allievo della scuola pubblica ed è più alta di un salario aziendale.
Nel 1993, all’ISA è inaugurata la nuova palestra e sono trasferite le aule distaccate del Liceo Scientifico i cui studenti sono circa 300. L’Istituto Tecnico Noè si trasferisce definitivamente nella nuova struttura di strada Pontecurone, in un edificio moderno e confortevole dove si svilupperà una scuola superiore a indirizzo giuridico-economico-aziendale, con un significativo rafforzamento delle lingue straniere e dell’informatica.
Se negli anni Novanta la scolarità valenzana è ancora frenata, negli anni Duemila la situazione generale delle iscrizioni alle superiori si capovolge rispetto al passato: ora la quasi totalità dei giovani valenzani prosegue gli studi dopo la media inferiore. Conseguentemente, in questi istituti emergono diversi problemi strutturali (aule, mense, strutture ricettive collettive) e d’integrazione (servizio trasporti con quello scolastico).
I figli dei titolari d’imprese non desiderano seguire le orme paterne e ambiscono a impieghi amministrativi – molti genitori valenzani conservano il cliché dei parvenu che hanno raggiunto la ricchezza ma non lo status sociale del pezzo di carta – mentre la collettività ha necessità d’iniziative e d’intraprendenza. Le nuove generazioni offrono principalmente la disponibilità a essere mezze maniche in queste scuole o in università poco distanti; i giovani non imparano quasi nulla che serva per trovare un’attività in via d’estinzione: il lavoro.
La scuola superiore, però, diventa anche a Valenza un dispositivo comodo per “parcheggiare” tanti giovani in età puberale-adolescenziale nell’attesa o alla ricerca della prima occupazione, una sorta di ammortizzatore sociale con un rilevante costo sulle spalle della collettività. I tre vecchi istituti scolastici valenzani vengono raggruppati, come tessere di un mosaico, nell’Istituto di Istruzione Superiore “B.Cellini”, al cui interno, quindi, troviamo le sezioni del liceo scientifico, dell’istituto tecnico commerciale e dell’ istituto statale d’arte, che poi diventerà liceo artistico.
La legge del 15 marzo 1997 consente, finalmente, la piena autonomia organizzativa e didattica alle singole istituzioni scolastiche, provocando un certo smarrimento e qualche illusione.
La nascita dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale, dopo un periodo sotto l’egida dell’Università di Torino, si colloca al 30 luglio 1998. Ad Alessandria sono istituite le Facoltà di Giurisprudenza, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Scienze Politiche e, per ultimo, la sede decentrata del Politecnico. Nel primo decennio del nuovo millennio, nella versione riformata, la media dei valenzani laureati triennali è di 26 all’anno, mentre i laureati con biennio specialistico sono circa 1/4 dei triennali.
Da anni la scuola primaria a Valenza è composta di due circoli con rispettive direzioni didattiche. Il Primo Circolo Didattico, nato nel 1940 come Scuola Elementare “Ciano”, nel Dopoguerra intitolata a Don Minzoni, ha perso nel tempo molti plessi (Villa Rosa, Resinone, Oratorio, Villa Gropella, Monte, ecc.) e, dall’anno scolastico 199192, raggruppa la scuola primaria “Don Minzoni”, la scuola d’infanzia e la sezione staccata Carducci (più San Salvatore), per un numero di alunni valenzani che si aggira intorno alle 500 unità (350+80+80) e un numero di insegnanti intorno alle 50. I tre asili nido comunali (Arcobaleno, Rota e Giocanido) ospitano ogni anno circa cento bambini, mentre le due sezioni della scuola materna ne accolgono una cinquantina. Il Secondo Circolo ha circa 400 alunni nella scuola 7 Fratelli Cervi, più 150 nelle scuole d’infanzia.
Con la riforma Moratti del 2003, che suscita tante discussioni pretestuose e molti pregiudizi, nella scuola dell’infanzia viene consentita l’iscrizione di bambini che hanno dai 28 mesi in poi, contro i precedenti 36; nella scuola primaria viene introdotto lo studio dell’inglese e l’utilizzo del computer fin dal primo anno, viene abolito l’esame del quinto anno e, al suo posto, introdotta una valutazione biennale. Nel 2008 prende il via una nuova riforma e, tra i cambiamenti che fanno maggiormente scalpore, ci sono il ripristino del maestro unico, del voto in condotta e dei voti in decimi. Poi, come richiede lo standard ufficiale, si continua a sostenere che si debba far discutere l’alunno, farlo esprimere e farlo partecipare, ma è solo un castello retorico che si sbriciola facilmente nel parassitismo.
La scuola secondaria di primo grado o scuola media inferiore “G. Pascoli” raggruppa, ormai, una vasta zona territoriale. Dopo aver assorbito la scuola media “A.Frank” e la scuola media “Giovanni XXIII” di San Salvatore, ha competenza su Bassignana, Pecetto, come prima. Nell’anno scolastico (2008/09) mantiene tutte le 32 classi, per un totale di 709 alunni suddivisi in questo modo: 282 nella sede di viale Oliva, 309 nella succursale A.Frank e 118 nella sezione associata di San Salvatore. Nel 2009-10 la Pascoli ha 307 alunni in viale Oliva, 279 alla Frank e 111 a San Salvatore.
Negli ultimi tempi, il totale delle classi a Valenza supera abbondantemente il centinaio e gli alunni complessivi in ogni ordine di scuola corrispondono a circa un sesto della popolazione. Gli alunni sono circa un migliaio nell’Istituto Comprensivo Paolo e Rita Borsellino – scuola secondaria di primo grado e di infanzia con altri paesi limitrofi nata nell’anno scolastico 2021-2022 – stessa quantità degli allievi dell’Istituto Superiore Benvenuto Cellini, mentre la primaria 7 Fratelli Cervi ha circa 400 alunni.
Con la legge del 2015, promulgata quando il governo Renzi volava alto, sono stati elevati i compiti e i poteri dei bramati e corteggiati dirigenti scolastici, visti ormai come compiuti leader educativi con un pesante fardello di adempimenti burocratici. Per qualche critico suggestivo è una svolta troppo autocratica in salsa cinese; per altri, invece, è quello di cui la scuola ha urgente bisogno.
Anche a Valenza preoccupa il flusso di alunni elementari e medi immigrati che arrivano in classe in ogni periodo dell’anno senza sapere una parola d’italiano; una grana per gli insegnanti, ma anche per gli altri studenti, costretti a procedere a rilento. Si rafforza la psicosi diffusa dell’invasione, l’idea di un’apartheid al contrario, per via di classi con una minoranza di nativi a parte. Purtroppo, tra pregiudizi, pavidità e ipocrisia, l’integrazione, poco tollerata da alcuni e molto adorata da altri, è una strada tutta in salita anche nella scuola. Karl Popper diceva che le risposte semplici le hanno solamente coloro che non conoscono le domande.
Utile paradigma del fare e del sapere in città è l’ultima scuola locale per formare nuovi orafi, l’Istituto Tecnico di Alta Specializzazione ITS Gem, sistemato nel vecchio complesso di San Domenico in via Carducci, ex scuola elementare. Novità e geremiadi maligne stanno piovendo per la nuova riforma della filiera tecnica e professionale nelle superiori, prevista dal Pnrr.
Dopo i lookdown, con la reclusione obbligatoria e certi provvedimenti inutili per il Covid, che hanno negato ai giovani un’istruzione adeguata, oggi i bambini e i giovani valenzani in età scolare, cioè quelli che hanno tra i 7 e 14 anni, sono circa un migliaio, mentre quelli in età prescolare sono circa 700, il che fa presupporre un futuro di aule scolastiche sempre più scarseggianti di alunni. Ma, attratto dal settore orafo in espansione, il flusso di nuove persone e di nuove famiglie verso questa città pare in continuo aumento, seppure ormai si sia consolidata l’idea che avere prole significhi abdicare alla carriera, all’indipendenza e a una vita alla moda fondata sull’indifferenza.