I primi anni Novanta a Valenza
Un nuovo approfondimento del professor Maggiora
VALENZA – “Com’è triste Valenza, soltanto qualche anno dopo ….”, potrebbe essere il giusto refrain degli anni Novanta per questa città. La politica locale naviga su acque agitate, non è più capace di scaldare il cuore e di riempire l’anima, i politicanti, costretti a spararle grosse per non rivelare la propria fiacchezza, non hanno fatto alcuno sforzo per capire la crisi economico-sociale della città e ogni elezione diventa sempre più un’occasione di vendetta verso la partitocrazia da parte di tanti valenzani, aiutati dall’indignazione nazionale per tangentopoli. È l’applicazione del pensiero hegeliano, per il quale le idee non rimangono fisse, ma si evolvono, volgendosi, talvolta, nel loro opposto.
Il crollo del comunismo, anche se il sol dell’avvenire non è ancora calato completamente, poteva far pensare a un periodo politico meno problematico e turbolento, ma i fatti smentiranno le attese. Nella tornata elettorale comunale del maggio del 1991, Valenza sale alla ribalta dei più importanti quotidiani nazionali, che commentano la travolgente affermazione della Lega con il 23.5%, fatto a cui segue l’abbraccio “blasfemo” tra PDS e DC. Per i primi due anni e mezzo è eletto sindaco Mario Manenti, primo sindaco democristiano della città, che poi sarà sostituito da Germano Tosetti, vice sindaco e assessore al bilancio nel primo scorcio: un saggio del più puro accordo elitario.
Tendenzialmente, i giovani valenzani optano per la flotta centro destrorsa con qualche simpatia per la Lega, mentre i pensionati, affezionati alla memoria, in genere preferiscono ancora in larga misura i partiti tinti di rosso, ma le motivazioni politiche di tanti juniores degli anni Settanta, sono ormai quasi sepolte sotto alle macerie del Muro di Berlino.
In questi anni, in un panorama di diffidenza diffusa, si compie lo sconquasso del PSI, che col tempo sparirà, e la frantumazione della vecchia sedicente DC, che si ridurrà a cespugli vari, spesso senza prospettiva politica e senza più i connotati religiosi. È altrettanto vero, però, che la conduzione del PDS locale sarà spesso confusa e non facilmente definibile dal punto di vista politico per la presenza di alcuni nostalgici del comunismo e altri agit-prop vip che sostengono, solo a chiacchiere, di fare la rivoluzione in nome della giustizia sociale. In Italia la Prima repubblica viene stordita dal tintinnar di danari e schiavettoni.
Nonostante i voti straordinariamente conquistati tra i differenti leghisti valenzani, indigesti a destra come a sinistra, non c’è troppa pace neanche qui; anzi, la tregua armata interna tra i fratelli coltelli, o anche cugini assassini, si è tramutata in un rosario di cattiverie tra i pezzi grossi. Insomma, un vero e proprio manifesto di discordia che non porterà a nulla di buono, o meglio al nulla senza aggettivo. Col senno di poi possiamo definire il boom della lega del 1991 la classica “vittoria di Pirro”. Tra i difformi partiti e politicanti locali, o presunti tali, il ritornello resterà sempre il medesimo: l’antifascismo, che diventerà perfetto per ogni guardaroba, sino ai giorni nostri.
Valenza è una città di quasi ventiduemila abitanti e con circa un migliaio di aziende orafe artigiane. Secondo il censimento del 1991, la popolazione attiva è così ripartita: occupati, 5.515 maschi e 3.106 femmine; disoccupati, 338 maschi e 180 femmine; in cerca di occupazione, 271 maschi e 284 femmine; il totale è di 9.694 attivi.
Nello stesso anno, le abitazioni di proprietà occupate da persone fisiche sono 8.047, da impresa 143, da cooperativa edilizia 93, da organismo pubblico 205 e da altri 64. In un contesto di consumismo esasperato, gli abbonati al telefono per uso privato sono circa ottomila e le autovetture circolanti circa dodicimila. Le linee per abbonati al telefono affari sono circa quattromila, gli sportelli bancari sono 15, con più di 200 addetti; aumenteranno, ma, quando la fabbricazione del gioiello non trainerà l’economia come prima, serviranno a poco.
In questi primi anni Novanta, il tessuto produttivo è ancora formato da tante aziende di piccole dimensioni, sottocapitalizzate e sempre più indebitate con le banche. Si sciolgono sempre più le piccole società aziendali ancorate alla cultura del piagnisteo. Una volta si diceva: meglio soli che male accompagnati e chi fa da sé fa per tre. Ma la cosa più seria è che le aziende orafe non assorbono più nuova manodopera e in parte licenziano per mancanza di lavoro, un enigma che i produttori orafi locali sentono come un’oscura minaccia. Le condizioni per l’ascesa in gran parte non sussistono più.
Comune e aziende municipali, invece, sono rigonfie di personale, sovente per sollecitazione, con molto tempo a disposizione. L’Unita Sanitaria Locale è affidata a uomini di partito, senza alcuna cognizione del settore che neppure il velo dell’ipocrisia riesce a nascondere. Il tutto è avvolto da un’opprimente burocrazia, in un’atmosfera kafkiana da cui emergono dati sconfortanti e risibili argomentazioni, a essere indulgenti. L’unica voce attiva del bilancio municipale è la farmacia comunale, con un utile di circa mezzo miliardo di lire.
Da una ricerca emerge che, tra gli occupati a Valenza, sono predominanti gli operai specializzati (12,5% del totale e 20,6% degli uomini), seguiti dagli impiegati di concetto (9,3% del totale e paritari per sesso) e dagli operai comuni (8%). La presenza femminile è più marcata fra i commercianti (8,3%) e fra gli impiegati esecutivi (4,4%). Il 48% degli occupati dichiara di possedere l’abitazione in cui vive. Fino al 1991, il bilancio tra assunzioni e licenziamenti è a favore delle assunzioni; dal 1992, la situazione si ribalta.
Le nonne di questi anni sono state mogli casalinghe, che cucinavano meravigliosamente, che allevavano marmocchi, senza l’obbligo di essere magre e sode, in carriera o intraprendenti sotto alle lenzuola. Ora, invece, le donne devono far fronte a tutto: sempre di corsa, affamate, insoddisfatte, in guerra contro il tempo, il traffico, le rughe, i chili di troppo e i colleghi rampanti. La donna moderna, che spesso ha un’istruzione superiore al marito e desidera lavorare, sovente non vuole fare figli poiché ha altre aspirazioni e priorità.
Nel 1991, la famiglia media valenzana, non più da mulino bianco, è ormai a soli 2,51 componenti. Cresce sempre più l’assenza di senso religioso e la morale è sfuggente: può essere una o il suo contrario, un ritratto a tinte fosche. Cresce la carestia di vita intima, ci stiamo avvicinando all’amore libero trans femminista di oggi. Insomma, certe avversità future ci sono già quasi tutte. Solo il ricordo di don Ezio, un sacerdote sempre dalla parte dei più deboli che ha segnato la vita cittadina, scomparso nel 1985 in Kenia, impregna il mondo cattolico locale di benemerenza.
Crescono le famiglie mononucleari e le coppie che scelgono di non sposarsi. Nel 1991, i celibi-nubili sono 7.754, i coniugati 10.979, i divorziati 286, i separati legalmente 352 e i separati di fatto 88. Più vecchi e meno giovani, le bare superano le culle, in una società avviata alla senescenza in cui la longevità è sempre più femmina – le vedove sono 1.736 e i vedovi 295.
Si fa poco per il tempo libero dei giovani valenzani, offrendo loro poche possibilità concrete di svago e, soprattutto, d’impegno sociale e culturale. Si evidenzia la grande scarsità in città di varie forme d’intrattenimento, che costringe oltre metà dei giovani residenti a recarsi fuori Valenza per andare al cinema, in discoteca o a sentire concerti; resta solo il vecchio Valentia rimesso sempre a nuovo dal benemerito Giovanni Carnevale, definibili lavori di nostalgia ma con scarse possibilità future di salvataggio. Tra le carenze rilevate in città, c’è anche quella di negozi: a Valenza, i prezzi sono estremamente elevati e non c’è sufficiente varietà nell’offerta, problema che sarà risolto in parte dai supermercati. La contrazione della domanda nella produzione ha creato i presupposti per la nascita di molti negozi di gioielleria a Valenza, sbocchi compensativi con la vendita diretta del prodotto al consumatore finale.
Le autorizzazioni commerciali al minuto per alimentari sono circa cento, le non alimentari intorno ai trecento. Ci sono circa sessanta barbieri e acconciatori e una settantina di bar ristoranti, sottoposti a vincoli sempre più stretti e a tanta fumisteria.
All’inizio degli anni Novanta, le aziende agricole a Valenza sono 681 (in provincia 35.234) e la superficie agricola utilizzata è di 2.814 ha (in provincia 184.361), su una superficie totale di 4.152 ha. In questi anni, il comparto quasi raddoppia la produzione, pur a fronte di una riduzione degli addetti, e, diversificando le coltivazioni, reagisce alla tendenza al contenimento e ai divieti, le cosiddette quote, della politica agricola comunitaria. Nel corso del decennio le aziende complessive scenderanno dalle 681 alle 122. Molti valenzani pensano che il mondo agricolo sia una tradizione da cui staccarsi, poiché lo associano a simboli frugali di miseria.
Le tante discussioni per la ristrutturazione della piscina coperta, dal costo previsto di 870 milioni di lire, in pochi anni, riesce a riportare il fiore all’occhiello dell’amministrazione comunista dei primi anni Ottanta alle sembianze di un crisantemo. Ma è una scommessa disperata o una consolazione simbolica e, tra non molto, dopo un patetico tira e molla portato avanti anche dalle future amministrazioni comunali, l’impianto si muterà in modo eterno in un autentico colabrodo dinanzi al quale sorridere sarà dura.
Nel 1991, si inaugura la nuova sede dell’AVIS. Nel 1992, termina l’astinenza cinematografica e nasce l’arena estiva nel chiostro della scuola Carducci. Per dimostrare di essere ancora vivi, viene definito il costoso e criticato progetto di ristrutturazione del Teatro Sociale, viene lanciata la campagna “Valenza è..”, sempre più una chimera per supportare il commercio, e viene approvato il nuovo piano regolatore, un apologo perfetto di modernità.
Nel 1993, in un contesto ostile, inizia la raccolta differenziata dei rifiuti, viene inaugurata la palestra di regione Fontanile e si concludono i lavori del nuovo edificio che ospiterà l’I.T.Noè. L’Ospedalino ha un passivo di oltre un miliardo di lire. C’è un che di pirandelliano tra il dire, il fare e l’apparire, e una passione innata per le divisioni.
Il 12 novembre 1991, il talk-show televisivo “Profondo Nord” scompagina la vita della città dell’oro, creando un cataclisma capace di trascinare con sé la situazione politica e commerciale, con involuzioni e reazioni incontrollate, lesive per la dignità di questa città. È stata una vicenda sconcertante che nessuno ricorda volentieri.
La trasmissione, in onda da Valenza, mette in mostra quanto sia presente l’evasione fiscale nell’oreficeria valenzana. Si sostiene che gli orafi dovrebbero pagare le tasse come le altre imprese, ma alcuni di questi hanno la sfrontatezza di indignarsi davanti al paese che li osserva dallo schermo, contro ogni evidenza dimostrata e facendo delle gaffe senza scusante. Anche gli interventi e le perifrasi di alcuni importanti personaggi locali, ben provocati dal conduttore della trasmissione Gad Lerner – sono celebri le telefonate ai banchi metalli per conoscere la quotazione giornaliera dell’oro, sia ufficiale che in nero – danno un’immagine negativa della città e scatenano polemiche devastanti. Durante la trasmissione, Lerner dice che l’evasione a Valenza è interclassista, ovvero che evadono sia gli imprenditori che i dipendenti. Un altro momento d’effetto è quando viene srotolato un tabulato con i nomi di oltre 300 presunti evasori valenzani o quando il segretario della CGIL Fausto Bertinotti chiede che gli artigiani, orafi compresi, liquidino le tasse in base al reddito dichiarato dai loro dipendenti. I protagonisti politici ed economici valenzani ci sono tutti; in seguito, farfuglieranno imbarazzate prese di distanza, abbandonando la difesa ad oltranza di una purezza fiscale.
Sembra il preannuncio dell’abisso, da alcuni inseguito con forsennata voluttà e consumato dall’alto della propria presunzione. È stato un capolavoro di autolesionismo – per evitare di farsi ridere dietro, si è scelto di farsi ridere davanti – e un danno d’immagine memorabile.
Ma Valenza ne ha viste di peggio ed è ancora qui all’avanguardia, poiché il vecchio verrà spazzato via dal nuovo, poi, per fortuna, il nuovo diventerà vecchio e sarà a sua volta spazzato via dal nuovo più nuovo.