Il circuito automobilistico degli anni Venti a Valenza
Un secolo fa, una gara cui partecipavano i più grandi piloti dell'epoca
VALENZA – Gli anni successivi alla Grande Guerra segnarono un crescente interesse per le nuove discipline automobilistiche, favorite anche dal lancio dei primi modelli appositamente concepiti per le corse. In quegli anni, il fascino della velocità e le suggestioni di queste vetture trascinavano i costruttori, i pochi fortunati possessori e un pubblico inebriato e sempre folto. Le gare automobilistiche penetravano sempre di più nell’immaginario collettivo, i bolidi che sfrecciavano su strade rischiose e polverose facevano sognare la gente che accorreva numerosa ad assistere alla magia dell’automobile. I piloti erano eroi popolari e le loro gesta venivano acclamate e propagandate dalla stampa, alimentando il fascino di queste imprese.
Un secolo fa, tra messaggi baldanzosi d’ardore futurista, ad Alessandria l’appena nato Automobile Club, con il Touring Auto-Moto Club, predisponeva, nell’aprile del 1924, in concomitanza con la Fiera di S. Giorgio, la prima edizione del Circuito automobilistico Città di Alessandria, tracciato su un percorso di 32 km che i corridori percorrevano 8 volte in senso antiorario, da Alessandria a Valenza, San Salvatore e Castelletto, per poi ritornare ad Alessandria. La corsa era di un’importanza eccezionale per la zona e assumeva l’aspetto di una manifestazione di prim’ordine per il numero e il valore dei concorrenti e delle case automobilistiche rappresentate. È un vero esemplare di circuito misto, che richiede agli uomini e alle macchine la somma di tutte le attitudini. Vi parteciperanno ogni anno piloti di grande fama, fra cui Nuvolari, al volante della sua rossa monoposto con ruote gialle, Varzi, che in un’impeccabile tuta di seta azzurra correva sull’azzurra Bugatti, e Bordino.
Già il 31 luglio 1921 il Moto Club Valenza aveva organizzato il primo circuito motociclistico Valenza sullo stesso percorso, ma con partenza e arrivo a Valenza.
La prima gara automobilista è vinta da Ugo Masino su Fiat 501 e alla media di 77 km orari. Nel 1925, la corsa sarà vinta da De Giovanni su Bugatti, mentre, nel 1926, taglierà il traguardo della terza edizione Alloatti, alla media di 92 km orari. L’8 maggio 1927 si corre il quarto circuito automobilistico con i migliori corridori e le principali case automobilistiche e l’organizzatore è sempre l’Automobile Club e il Touring Club A.M.C. di Alessandria, con una élite composta dal presidente Marchese e dai vice Bausone e Ferrari; vince Gaspare Bono su Bugatti. Si attraverserà Valenza fino al 1930. Dal 1928, in seguito alla morte del pilota, il circuito diventerà il Circuito Bordino.
Il 1928 fu un anno importante per il circuito alessandrino. La gara era valevole per il campionato italiano di velocità e vedeva la partecipazione dei migliori piloti del momento. Purtroppo, nell’allenamento preparatorio, un banalissimo incidente stroncava la vita di Pietro Bordino. Il triste evento occuperà le prime pagine di tutti i giornali e l’Automobile Club d’Italia di Alessandria deciderà prontamente di intitolare la corsa al pilota torinese; la corsa del 1928 sarà vinta dall’amico contendente Nuvolari.
Il “Diavolo Rosso” torinese Pietro Bordino (1887-1928) è stato uno dei piloti italiani più famosi degli anni Venti, autore di prodezze a quel tempo epiche, come il record di velocità sul miglio nel 1911, la vittoria del Gran Premio d’Italia nel 1922, il decimo posto assoluto alla 500 Miglia di Indianapolis nel 1925 e la partecipazione a ben 10 gare dell’American Championship Car Racing, organizzato dalla AAA negli Stati Uniti d’America. Il pilota affrontava le curve con grande maestria, per questo i supporter parlavano di “curve alla Bordino”. In lui la velocità non era un prodotto del rischio o dell’ardimento, ma il risultato della sua grande tecnica di guida, che suscitava gli applausi del pubblico.
Domenica 15 aprile 1928, Bordino vuole provare con una settimana di anticipo il percorso della gara, alla quale è iscritto dalla Bugatti assieme a Nuvolari e Varzi. Affiancato dal meccanico Gianni Lasagna, mentre stava provando a percorrere il giro dei 32km del Circuito Automobilistico Città di Alessandria, nei pressi dell’abitato di San Michele, più o meno dove oggi c’è lo svincolo autostradale A 21 di Alessandria-Ovest, investiva un cane, sbucato di corsa da un cascinale; finita fra le ruote, la bestiola bloccava lo sterzo della Bugatti, che iniziava a sbandare e, dopo un una serie di salti impressionanti, finiva in una roggia che scorreva accanto alla strada. Lì il popolare pilota moriva in corsa, abbracciato al volante, a poco più di 40 anni, così come correndo aveva trascorso la sua breve esistenza, costellata di soddisfazioni ottenute in tutto il mondo. In questa atroce beffa, poco tempo dopo è morto anche il meccanico, a seguito della grave frattura cranica riportata. Fu una notizia sopranazionale che nessuno avrebbe voluto sentire e che seminò un certo panico per le circostanze del fatto. Dalla sesta manifestazione motoristica del 1929, così, il circuito verrà dedicato a Pietro Bordino e raggiungerà l’importanza delle più grandi corse internazionali.
Datata 1924, la prima edizione del Circuito Città di Alessandria è accolta con stupore dai valenzani e riscuote un grande successo di pubblico, una folla inaspettata che impedisce alle macchine di farsi largo a causa degli spettatori accalcati ai bordi. Questi sono numerosi e spesso messi alla prova dal maltempo che ha caratterizzato più di un’edizione dell’evento sportivo e ne vivono intensamente la preparazione e lo svolgimento. Il percorso stradale è lento e tortuoso, oltre ogni ragionevolezza, un cammino fatto di sali e scendi tra le nostre colline, specialmente il tratto Colla e la salita verso San Salvatore. Sono gesta dannunziane-marinettiane, un’ontologia intonata ai tempi, poiché radicati nella maniera di essere, prima che nel modo di ragionare.
L’attraversamento di Valenza comincia da via Alessandria, ora corso Matteotti, prosegue su piazza Italia (“Piasa di Palatt”), ora piazza Gramsci, via Lega Lombarda, Leon d’Or, ora largo Costituzione, viale Milano, ora della Repubblica, e poi si avvia verso San Salvatore. Si corre su strade normali dell’epoca, con la gente assiepata ai bordi, anche arrampicata sugli alberi e sui muretti prospicienti. Alcuni privilegiati si godono lo spettacolo delle auto sportive che passano dai balconi di casa. L’esaltazione è tale da giustificare ogni limitatezza nel traffico cittadino, anche se non manca una minoranza lamentosa che osserva il momento di notorietà della città da angolazioni diverse, una finta rivendicazione sociale costituita soprattutto da una parte politica dell’epoca e da qualche furbetto insofferente verso l’amministrazione comunale patrocinatrice dell’evento. Questa minoranza chiede insistentemente anche una più attenta sistemazione del fondo stradale, in ragione di una poca sicurezza della corsa, mettendo in circolo incauti veleni a detrimento della causa del podestà Soave e del vice Ratti, fascisti indomiti restii a confrontarsi, per aver convogliato risorse per la manifestazione senza criterio.
Un ruolo di primo piano nell’organizzazione del circuito lo rivestono i valenzani di prestigio Aldo Marchese, un mattatore politico con sorprendente dinamismo, segretario federale provinciale del P.N.F. e primo presidente del neonato Automobile Club di Alessandria e Luigi Vaccari, presidente dell’Amministrazione provinciale. Sono personaggi autorevoli e governanti molto sicuri di sé che, con sorprendente forza e tempismo, sono riusciti a portare l’avvenimento sportivo a Valenza.
Al tempo l’odierna piazza Gramsci, comunemente indicata dai valenzani come la piasa di palatt perché qui sono accatastate fascine di pali destinati a sostenere i filari delle vigne, era quasi innaturale e pericolosa per una corsa automobilistica; la piazza non è asfaltata e, in periodo di corsa, a inizio primavera, viene giù così tanta pioggia che spesso si trasforma in un pantano. In questo frequentato spiazzo pubblico, il fervido entusiasmo per la gara durava ancora per diversi giorni dopo l’evento.
L’avvenimento sportivo, di cui Valenza è testimone effimera per sette anni, è all’insegna della velocità più spinta e, di anno in anno, diventa sempre più pericoloso. Il record della corsa è detenuto da Varzi, che, nel 1929, ha compiuto il percorso di 256 km alla media oraria di 109 chilometri. Tutto il percorso, con le sue numerose curve, è difficoltoso e impegnativo; assomiglia un po’ al Montecarlo, ma differisce molto da questo per la condizione delle strade, per buona parte sterrate e spesso viscide per il fango. È un percorso sempre più inadeguato per l’accresciuta velocità, che non può reggere a lungo. E, infatti, non regge. Nel 1929, il Circuito Bordino apre la stagione internazionale delle corse automobilistiche, ma per Valenza ha il sapore di un epilogo vicino. Ed eccoci arrivati al punto dolente: un finale malinconico.
Dopo la marcia trionfale durata sette anni, dal 1931 la corsa, per ragioni di sicurezza e altre confuse argomentazioni – ci furono una coincidenza di fattori e una messinscena finalizzata a offrire un pretesto poco convincente – viene disputata su un tracciato brevissimo di 8 chilometri nella sola Alessandria e Valenza si fa da parte con molto sconcerto e amarezza. Lo sgambetto è pesante, il contraccolpo è durissimo. Scoraggiata e poco capace di svolgere una funzione a sostegno della sua conservazione, Valenza non beneficerà più del passaggio automobilistico e del relativo spettacolo. C’è chi si accontenta di ciò che è stato, c’è chi urla al tradimento, e c’è chi afferma: ma cosa vi aspettavate?
L’edizione del 25 aprile 1931 vede un nuovo ardito percorso tra i due ponti di Alessandria e i giri del nuovo circuito diventano 35 per 280 km di percorso. L’Automobile Club di Alessandria ha voluto sostituire il vecchio percorso, che richiedeva troppe difficoltà per la sua chiusura, con un percorso corto, tutto su strade comunali alessandrine. È stato così raggiunto lo scopo di ottenere, una vera pista automobilistica più che un circuito stradale. Dopo un’interruzione nel 1932, pressoché sostituita con il circuito motociclistico P. Bordino, organizzato dal Moto Club Provinciale, la corsa automobilistica sembrò essere nuovamente decollata, ma poi la gara del 22 aprile 1934 si conclude in tragedia con diversi gravi incidenti, a causa della sempre maggiore velocità, tra cui la morte del pilota svizzero Carlo Pedrazzini, mentre l’eroe del pubblico Nuvolari si rompe una gamba, facendo annichilire molti maestri di tristezza e auto-svalutazione per il disastro. Si forma così una linea orientativa a ripensare di interrompere questa ormai pericolosa manifestazione sportiva.
Questa è stata un’irripetibile parentesi di esibizione agonistica nel corso storico di Valenza, così dissimile da ciò che la precedette e da ciò che la seguì. Giovanni Perrone è il preminente pilota valenzano dell’epoca.
Sullo sfondo di tutto ciò, al di là della sgangherata volontà di alcuni di emulare i corridori, nel 1930 a Valenza risultano circa 150 automobili circolanti e sono 35 i proprietari iscritti al Reale Automobile Club d’Italia. Nel Dopoguerra, però, a Valenza non mancheranno assi del volante valenzani nell’automobilismo sportivo italiano, personaggi e corridori stravaganti al di sopra del normale quali Carlo Coppo, Ersilio Mandrini, Franco Bonetto e altri.