Le elezioni comunali del 2010 a Valenza
L'approfondimento del professor Maggiora
VALENZA – Quella che sembra una semplice litania di eventi è in realtà il riassunto dettagliato delle turbolente elezioni amministrative comunali del marzo 2010, in cui le novità e i colpi di scena sono stati numerosi. Una vera e propria tempesta politica locale, con politici scatenati, repentini cambi di fronte, trovate bizzarre, sotterfugi e scontri reciproci.
Il sindaco uscente Raselli, in passato spinto in alto come un’ape regina, è stato elogiato finché qualche irriguardoso ha deciso di soppiantarlo – è stato impallinato dai suoi perché mors tua vita mea è un valore indiscutibile nella politica. Del resto, la durata delle carriere politiche ha ormai corsi sempre più brevi di ascesa e declino. Dunque Raselli fa un passo indietro ed esce dalla scena dopo una legittimazione di facciata crollata, quasi un’uscita perfetta in questi tempi. Ma c’è un’altra frattura inedita dalle parti della sinistra, che riguarda la nuova candidatura a primo cittadino.
Chi è stato fermo un giro quale borgomastro torna in pista in queste elezioni. Il sempiterno Tosetti, ex sindaco – sire incontrastato per quasi 13 anni – e presidente del consiglio comunale nella consiliatura che sta finendo, a questo punto fiancheggiatore eretico della sinistra con un’infedeltà verso le origini, un oracolo a cui è stata riservata una lunga, immeritata china discendente, vuole tornare a sedersi sul seggiolone. Cerca un rilancio personale, segue la moda e si dichiara fuori da ogni schieramento politico, ma a furia di apparire moderno rischia di incespicare, provando ad agganciarsi a qualche fuoriuscito di sinistra nella terra di nessuno. Avendo superato una certa recinzione anagrafica, non ha bisogno di custodire o di impossessarsi di incarichi, né può essere sottomesso o condizionato da logiche di partito o di corrente. Forma una lista, “Tosetti con noi per la città”, composta da personaggi locali d’ogni colore. Tuttavia, come spesso accade in ambito politico, le cosiddette “palingenesi”, ovvero i tentativi di rifondazione e rinnovamento, risultano sempre estremamente difficili da realizzare concretamente, a causa della resistenza e della diffidenza delle vecchie strutture di potere consolidate.
I piddini, che non stanno troppo bene, segnati dagli ultimi lividi elettorali, ricorrono all’esterno, sostenendo di rinunciare a un proprio esponente per il famoso “interesse comune”: un viaggio nell’inconscio, più incubo che sogno. Formalmente partorito dalla vecchia brigata laico-socialista “Per Valenza”, il nuovo candidato sindaco del centrosinistra è una donna, Costanza Zavanone, vedova di Gianfranco Pittatore, un outsider femminile di impronta neocraxista in un feudo maschile inviolato, il cui fascino si ritrova nella classe e nell’intelligenza con sfoggio di superiorità morale, una donna contornata da una pattuglia di devoti pezzi grossi locali in perenne centrosinistrismo ma senza alcuni interpreti di sinistra maggiormente ortodossi. Il punto critico riguarda i ranghi troppo sparsi e certe conventicole passate non ricomponibili.
Il centrodestra, definito da chi non lo sopporta anticomunista, incolto e padronale, che sogna da tanti anni di prendere il timone del municipio e, come i sei personaggi di Pirandello, da troppo tempo è in cerca d’autore, punta sull’outsider Sergio Cassano (1946-2020), fabbricante di professione e politico per caso, provando a unire la saggezza economica alla passione politica, quella che i partiti non esprimono più. Più romantico che ideologico, Cassano ha un’affascinante imperfezione per la politica, quella di non averla mai fatta, e un originale difetto per un liberale conservatore, quello di aver fatto di tutto. Ma il diavolo, come spesso si dice, si nasconde nei dettagli.
Il quarto candidato, anch’egli un over 60, è Settimio Siepe, ex assessore e membro di vecchia data dell’obsoleta sinistra tradizionale, anche se solo nell’anima, ma con pochi fanatismi sinistrorsi; provando a darsi un tono da incursore come se fosse un dilettante, separandosi dal passato, compone una lista variegata, “Valenza la tua città”, con diversi orfani politici in lotta con se stessi. Ma si dice di continuo che le ideologie non ci sono più e forse se così fosse non sarebbe un male.
Con un totale di dodici liste, ci sono tanti concorrenti, consapevoli di correre solo per le poltroncine, e uno sciame di nuovi arrivati, stagionati, redivivi, che sognano ad un approdo in consiglio comunale. Ci sono molti vuoti di memoria, diversi hanno cambiato idea, tranne che su se stessi. Tutti si dimenano, si agitano e si contraddicono, disposti a farsi crocifiggere dalle urne. Sono celeri nel disapprovare la casta politica, ma impazienti di farne parte, anche se molti candidati, che a fatica potrebbero rappresentare se stessi, non prendono troppo sul serio la loro designazione. Qualcuno ha steso una proposta politica da apòta che pare la lettera di Totò e Peppino alla malafemmina. In palio per tutti c’è Valenza con i suoi debiti.
È una campagna acquisti che guarda in tutte le direzioni, con il grande dubbio che dietro tutto questo ci sia l’intenzione di prendere per i fondelli i valenzani.
In tempi in cui l’età matura è poco cool, i magnifici quattro candidati, che si contendono la poltrona di sindaco per il prossimo lustro, in pensione ma non al tramonto, agli albori della senilità, nella loro prima vita sono stati chi comunista, chi socialista e chi democristiano. Evidentemente, i punti fermi di un tempo avevano la data di scadenza per questi rispettabili signori. Dopo la beatificazione generalizzata che per opportunismo ha investito un po’ tutti, cancellando antiche appartenenze per avvicinarsi a una sorta di pensiero unico, o pensiero comodo, tutti sembrano lanciati verso un unico e gravoso obiettivo: far risorgere questa città, ma forse solo a parole.
La vecchia maggioranza, una poco omogenea ammucchiata, invece, sembra essersi inventata una maniera efficace per farsi del male: dividersi e proporre tre candidati a sindaco con programmi che, uniti, sembrano Guerra e pace.
Nella grande corsa a chi la spara più grossa nel tentativo di intercettare gli umori degli elettori, dandosi splendidi obiettivi mai accompagnati dalle indicazioni dei mezzi che consentiranno di raggiungerli, il radicalismo leghista esce premiato dalle urne. Altro che barbari, le camicie verdi sembrano le più abili e le più fedeli e si sono anche impossessate di alcuni valori della sinistra, poiché ormai il federalismo è diventato l’araba fenice: tutti ne parlano, ma nessuno sa bene cosa sia.
Per poco Sergio Cassano non è incoronato già al primo turno (48,65%). Come alle regionali e come devastante consuetudine alle comunali, il PDL retrocede, ma ottiene quasi il 30%. La Lega offre ai berluscones una buona parte dei voti persi, ma anch’essa scende rispetto alle regionali.
Per Costanza Zavanone il primo turno è incerto: confrontato alle regionali, il 32,96% è buono, ma per vincere il ballottaggio serve ben altro. Senza i voti delle liste Tosetti e Siepe, che hanno catturato l’interesse di molti, Il PD è al minimo storico (16,22%) rispetto alle Europee 2009 (21,65%) e precipita nell’incubo.
Poi, lunedì 12 aprile 2010, il tabù è infranto: la roccaforte rossa cade, un esito clamoroso nelle comunali. Sergio Cassano ha espugnato Valenza, amministrativamente roccaforte del centrosinistra. Il nuovo sindaco, il primo del centrodestra per la città orafa, per il groviglio amoroso dei suoi in odore di santità, ha vinto al ballottaggio con un ampio margine, ottenendo il 59,43% dei consensi.
La sua avversaria, Costanza Zavanone, si è fermata al 40,57% delle preferenze.
Di vere sinistre, però, non ce n’era neanche una in campo; in pratica è stata una contesa religiosa fratricida. Il PD valenzano paga certi personalismi, presumibilmente perché non si crede più che il partito conti oltre il singolo. Dopo aver governato quasi tutto in questa città, con troppe antipatie e disaffezioni, è ormai poco votato.
Il centrodestra, sempre sconfitto alle comunali, questa volta non si lascia sfuggire la conquista del Comune. Il merito principale è di Sergio Cassano, un arguto imprenditore un po’ naif, trovato fuori dai recinti dei partiti. Già presidente dell’Expo Piemonte e con un ampio ventaglio retorico, farà della sua intenzionale sobrietà una contata superiorità e una cifra distintiva.
Vince le consultazioni nel ballottaggio con una maggioranza schiacciante di 6.081 voti, pari al 59,43%, contro i 4.152, pari al 40,57%, del candidato troppo cristallino del centrosinistra Costanza Zavanone. Il paventato assenteismo del ballottaggio è stato “solo” di 9 punti in più. Dato che le parti si sono capovolte, è difficile dire se questo esito sia meramente merito di Cassano e del centrodestra o demerito altrui, ossia una conseguenza dell’inaffidabilità dei leali al centrosinistra di un tempo, oppure un caso particolare, figlio di quelle alchimie speciali che sovente si creano nelle elezioni locali.
Volti noti 11 su 20, ma anche 9 new entry per il nuovo consiglio comunale. La maggioranza sarà composta da 8 consiglieri del Popolo della Libertà, 5 della vecchia guardia – Luca Rossi, Alessandro Martinetti, Gianfranco Giansante, Angelo Spinelli e Giuseppe Botta – a cui si aggiungono i 3 nuovi eletti: lo studente universitario Alessandro Deangelis, ancora illibato della politica, il commerciante Fabrizio Maragno e l’architetto Paolo Patrucco. La Lega Nord conferma Paolo Soban, a cui si aggiungono tre nuovi consiglieri: l’assicuratore Michele Formagnana, il commercialista Luciano Bajardi e Antonella Ceriana. All’opposizione, oltre alla candidata a sindaco Costanza Zavanone, la lista civica “Per Valenza un futuro” porta a Palazzo Pellizzari il medico Giovanni Grillo. Per il Partito Democratico tre riconferme, tre rappresentanti del partito che hanno ricoperto ruoli importanti nella passata amministrazione come il vicesindaco e assessore uscente alle politiche socio-assistenziali Maria Maddalena Griva, l’ex assessore a sicurezza, viabilità ed economia Gianluca Barbero e il capogruppo consiliare Mauro Milano. Oltre al candidato sindaco Germano Tosetti, la lista civica “Con noi per la città” porta in consiglio il bancario Luca Merlino. Infine, c’è anche il candidato sindaco Settimio Siepe, unico rappresentante della sua lista civica “Valenza la tua città”. Questi gli eletti, anche se la composizione del consiglio sarà alla fine diversa per gli inserimenti di alcuni eletti nella giunta.
Appena dopo lo scrutinio, e anche poco prima del risultato definitivo, prende forma la gastrite collettiva con reazioni variegate. Si aggirano nel centro di Valenza i volti della nuova maggioranza ridente come per cercare rogne, il coro devozionale è unanime con strette di mano e pacche sulle spalle come mosche cocchiere. Si alza il coro “cucù e la sinistra non c’è più”. Il vincente Rossi dice di non voler rilasciare dichiarazioni (non prima di Cassano, almeno); Spinelli passeggia altezzoso con un paio d’occhiali scuri dai contorni macabri per offrire una certa serietà, Soban sorride soddisfatto come un bimbo col gelato, qualche ipocrita finge gioia. Le bandiere della Lega, conficcate in due vasi del corso Garibaldi, sventolano con piacere. Qualcuno dice che è sparito il PDS, che non è esattamente una notizia di giornata previdente o premurosa, ma velleitaria e presuntuosa. Un altro racconta barzellette su politica e Viagra. C’è anche qualche scalmanato che indirizza coretti ad personam, ma c’è anche chi consiglia che è meglio stare zitti, poiché come dicevano gli antichi romani, sic transit gloria mundi.
Ci aiuterebbe pensare che, alla base dell’affermazione di Cassano, vi sia prima di tutto la sfiducia verso chi ha diretto la città fino a questo momento, ma forse non è proprio così, poiché per i concittadini cambierà poco e nulla, i governanti politici ma non i veri decisori tecnici, non legati al consenso, che quando va bene producono poco e quando va male combinano guai con buona pace dei demagoghi.
In queste elezioni piene di stranezze, il voto degli operai valenzani, in maggioranza alla Lega e al PDL, testimonia che il paradosso è ormai realtà, con una spaventosa confusione: il milionario fa il progressista e chi non ha nulla fa il conservatore. Nessuno più recita la parte che gli compete. Il popolo di questa città si è sganciato sempre di più dalla sinistra perché essa ha seguito percorsi interiori e culturali oscuri a molti cittadini con sensibilità diverse, che riguardano la società multietnica, la libera migrazione, l’orrore per ogni intervento repressivo, ecc., facendosi impantanare in una melassa umanitaria che spesso confonde l’uguaglianza con l’accettazione di tutti.
Molti degli ex elettori di sinistra hanno votato centro destra e non sono pochi gli ex comunisti che hanno avuto il coraggio di superare steccati morfologici un tempo considerati insuperabili. Per fortuna, qui non c’è stato quel parolaio insultante che di solito si scambiano quelli più in alto, né liquidazioni sommarie su pregiudizi politici. Con una punta di dolore, chi è diventato oppositore ha saputo perdere e abbandonare la poltrona senza fare tragedie o minacciare sfracelli. Qualcuno si è dignitosamente levato di mezzo, una lezione di civiltà e correttezza. Chi è uscito con le ossa rotte pare pronto a aderire a un rito di pentimento collettivo per dissolvere l’incubo. Poche le critiche su chi è responsabile di questa disastrosa performance elettorale, poi il nichilismo manterrà la promessa: in pochi anni non resterà nulla.
Da sempre, qui c’è un grande pragmatismo nei rapporti sociali, al di là delle scomposizioni politiche, quasi un’osmosi tra capitale e sinistra che ha dato vita al locale piccolo mondo radical chic . E poi in politica si vince, si perde e si può rivincere. Si dice che le democrazie che funzionano sono amministrate ora dall’una e ora dall’altra parte politica, anche se da noi la nuova partitocrazia ha preso perlopiù i difetti di quella vecchia.