«Noi dipendenti Ssn? La fine del rapporto fiduciario col cittadino»
Parla il dottor Federico Torregiani, segretario Fimmg, il sindacato più rappresentativo dei medici che lavorano sul territorio
ALESSANDRIA – Medico di famiglia dipendente del Ssn, il Servizio Sanitario Nazionale? Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare di questa ipotesi: il tema è di strettissima attualità e per fare chiarezza ne parliamo con il dottor Federico Torregiani, segretario provinciale e regionale della Fimmg (Federazione Italiana dei Medico di Medicina Generale), il sindacato più rappresentativo dei medici che lavorano sul territorio.
Dottor Torregiani, oggi si fa un gran parlare del passaggio alla dipendenza per il medico di famiglia: lei è favorevole o contrario?
Ferocemente contrario. Sarebbe la fine della Medicina Generale, così come la conosciamo oggi, asse portante della riforma sanitaria del 1978: ad ogni cittadino il suo medico di famiglia, scelto direttamente da lui con la possibilità di cambiarlo tutte le volte che vuole, se non è soddisfatto. L’alternativa è che da domani il cittadino si beccherà il medico di turno della Casa di Comunità di riferimento.
Si spieghi meglio…
“Medico di fiducia” è oggi il termine alternativo che viene usato per indicare il medico di famiglia. Bene, se anche per i medici di Medicina Generale passasse il rapporto di dipendenza, scomparirebbe completamente il rapporto fiduciario che esiste oggi tra loro ed i cittadini italiani. La dipendenza è incompatibile con un rapporto di questo tipo ed il cittadino, in caso di bisogno, dovrà recarsi nella Casa di Comunità di riferimento, dove troverà ogni giorno un medico diverso. D’altronde, nel campo della dipendenza le pare forse che un paziente possa scegliersi il medico specialista che lavora in uno degli ambulatori della sua Asl? Lei può forse scegliersi il neurologo che la visiterà dopo aver prenotato una visita per la sua cefalea? Oppure l’ortopedico che le dovrà ingessare la caviglia che si è fratturata cadendo per la strada? Certo che no, a meno che non si paghi la sua bella visita privata. Il suo medico di famiglia invece se lo è scelto lei e la visiterà gratuitamente tutte le volte che vorrà. E magari con lui stabilirà quel rapporto fiduciario pluriennale che è il fiore all’occhiello del nostro Ssn.
Ma se veramente questo fosse lo scenario che si prospetta nel caso dell’introduzione della dipendenza per il medico di Medicina Generale, per quale motivo il Ministro della Salute e tutti gli Assessori Regionali sarebbero d’accordo nel percorrere questa strada?
Che siano tutti d’accordo a percorrere questa strada a me non risulta. C’è qualcosa che non quadra. Anche perché il Ministro ancora pochi giorni fa ci ha ribadito che lui non è favorevole al rapporto di dipendenza; ed io non ho elementi per ritenerlo un bugiardo. Inoltre, a quanto mi risulta, al momento attuale è soltanto una la Regione favorevole a questo tipo di operazione: il Veneto di Zaia. Rispetto al gruppetto iniziale, l’Emilia Romagna si è completamente sfilata, mentre Rocca (Lazio) e Fedriga (FVG), prima sicuramente favorevoli alla dipendenza, hanno rilasciato nel tempo dichiarazioni del tutto contrastanti fra loro. Per questo ritengo che probabilmente il buon senso cominci ad albergare tra tutte le forze politiche.
Pare che la paura di Regioni e di ASL sia quella di non riuscire a far partire le Case di Comunità, perché dicono che voi medici di famiglia non ci volete andare…
Ha ragione, parte tutto da lì. Ma le pare che questa paura sia una cosa razionale? Abbiamo firmato due anni fa un Accordo Collettivo che prevede che i medici di Medicina Generale svolgano fino a 20 milioni di ore all’anno nelle Case di Comunità: come si accorda tale paura con questa realtà? Stiamo lavorando in tutte le Regioni per fare Accordi Integrativi che declinino questa attività nelle varie Aft di ogni singola Asl: da cosa si evince che non vogliamo andare nelle Case di Comunità? Piuttosto, il rischio per queste strutture è costituito dalla carenza generale di medici ed ancor più da quella di infermieri e di personale amministrativo. Se mancano questi, diversamente dalla volontà dei medici di famiglia, le Case di Comunità non le apriremo comunque e dovremo restituire i quattrini del Pnrr.
Proviamo a scendere nei dettagli: chi sostiene la dipendenza afferma che i cittadini italiani non sono contenti di voi perché hanno difficoltà a trovarvi e non rispondete mai al telefono.
Aspetto da questi signori dati obiettivi e realistici su cui confrontarmi in merito. L’unica cosa che posso dirle al momento attuale è che tutti i sondaggi fino ad oggi effettuati sulla sanità italiana, e non certo commissionati da noi, vedono sempre il medico di famiglia in testa alle classifiche del gradimento, il quale oscilla dal 70% all’80%; vale a dire che tre cittadini su quattro sono contenti del loro medico di famiglia. Le dirò di più: in uno di questi sondaggi il medico di famiglia è risultato avere un gradimento addirittura superiore a quello del Ssn. E abbiamo detto tutto.
Sì, ma con il telefono come la mettiamo?
Il medico di famiglia non è un telefonista. Se sto visitando oppure sto facendo una medicazione, non posso smettere per rispondere al telefono. Ma quando ho finito richiamo sempre chi mi ha chiamato; e così, le assicuro, fanno tutti i miei colleghi.
Un’altra accusa che vi viene fatta, per la quale alcuni caldeggiano anche per voi l’introduzione del rapporto giuridico della dipendenza, è quella di lavorare solo 15 ore alla settimana.
15 ore alla settimana è l’orario minimo di apertura dello studio professionale di un massimalista (1500 pazienti), sancito dal nostro contratto. Ma non c’è nessuno che riesca a tenere aperto il proprio studio solo tre ore al giorno: in media facciamo tutti dalle 4 alle 5 ore di ambulatorio, quindi sarebbero almeno 25 ore alla settimana. E poi tagliamo corto ed evitiamo di dar credito a giornalisti incompetenti ed in malafede: lei lo sa che ogni nostra ricetta dematerializzata viene inviata in tempo reale al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef)? Per sapere quante ore di studio fa il dottor Torregiani ogni giorno è sufficiente chiederlo al Mef: si vede quando parte la mia prima ricetta del giorno e si controlla quando arriva l’ultima ed il gioco è fatto!
Quindi lavorate 25 ore alla settimana, mentre un dipendente invece ne fa almeno 38…
Per noi medici di famiglia questa sarebbe l’unica cosa bella della dipendenza: lavorare solo 38 ore alla settimana. Vorrebbe dire che invece di far festa solo il sabato e la domenica (anche se poi, bene o male, lavoro anche lì), potrei aggiungere pure il venerdì. Perché io lavoro 10 ore tutti i giorni ed il giovedì sera avrei già raggiunto le mie 40 ore; e così la gran parte dei miei colleghi. Il Presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, che non è un medico di famiglia, ha stimato in circa 66 le ore settimanali lavorate da uno di noi nella sua città; ciò significa che all’indomani dell’introduzione della dipendenza, a Roma dovrebbero assumere altri 1500 medici. Non le chiedo se ci sono i quattrini per farlo, ma piuttosto: dove li andiamo a trovare tutti questi medici? Guardi che un medico di famiglia, dopo le sue 25 ore di studio, deve fare tutto il resto del lavoro quotidiano: il tempo per leggere ed archiviare i referti di esame, il tempo richiesto per soddisfare tutta quella burocrazia becera che ci caricano quotidianamente sulle spalle, la predisposizione di certificazioni e relazioni, le ore che impiega per fare le visite domiciliari (io ho circa 60 accessi mensili di Assistenza Domiciliare Integrata), i tempi tecnici per rispondere a sms, alle mails ed ai messaggi su WhatsApp. Lei ha idea di quanto tempo ci porta via questo tipo di operazioni? Non è forse questo tempo di cura? Ma chissà perché non viene mai conteggiato… Lei pensa che se diventassi dipendente continuerei a soddisfare allegramente tutto questo carico di attività?
Ma non tutti si comportano così: c’è anche chi si nasconde, protetto dal sistema, e non si fa mai trovare…
E allora staniamolo! Si tratta di una parte minimale di colleghi che danneggia prima di tutto la nostra categoria; il nostro contratto ha tutti gli strumenti necessari per poterlo fare, non c’è bisogno di introdurre il rapporto di dipendenza. Ma per favore, prendiamo atto che la corsa non la si può fare sulle pecore nere, che tra l’altro sono presenti in tutte le categorie, non solo nella nostra. E si ricordi che noi, proprio perché non dipendenti, non abbiamo la malattia o le ferie pagate, non abbiamo la 104 da far valere, non possiamo richiedere il part-time; lei s’immagina cosa potrebbe succedere in Medicina Generale se venissero introdotte tutte queste garanzie in un periodo di penuria di medici, come quello che stiamo vivendo, unitamente alla scomparsa del rapporto fiduciario con il cittadino?
Un’ultima domanda: se veramente la dipendenza vi facesse lavorare di meno, per quale motivo continuate a rimanere contrari?
Gliel’ho già detto: noi non vogliamo la scomparsa del rapporto fiduciario con il cittadino, né l’abolizione di quell’autonomia organizzativa che ci consente di soddisfarlo al meglio; la dipendenza spazzerebbe via tutto in un colpo solo. L’esigenza dei medici di famiglia italiani non è quella di lavorare meno, ma quella di lavorare meglio a tutela del rapporto fiduciario con i propri pazienti ed a tutela dei loro diritti costituzionali. Lo abbiamo sempre dimostrato sul campo a partire dal 1978, anno in cui è nato quel Ssn gratuito, equo ed universalistico che tutti conosciamo. Ma oggi in sanità si sta facendo strada il “capitale”, che vorrebbe trovare spazi anche sul territorio per fare profitto; cercheremo di impedirglielo ed io credo che tutte le forze politiche in questa battaglia possano e debbano essere al nostro fianco. Anche quelle che fino ad oggi hanno caldeggiato irresponsabilmente la dipendenza, con l’unico scopo di poterci comandare a suon di ordini di servizio. Il cambio del ruolo giuridico del medico, con la cancellazione dell’attuale medicina di base che costa poco e da tanto a tutto il sistema, è propedeutico solo allo smantellamento del Ssn; in questo caso anche sul territorio si aprirebbero estese e verdi praterie per il privato, che vorrebbe provare a fare utili anche lì. Non vede cosa sta succedendo con i medici gettonisti? La battaglia è impari, perché loro hanno i soldi, mentre noi no; ma noi abbiamo dalla nostra parte un valore superiore a quello dei quattrini, che loro invece non hanno: la fiducia ed il sostegno dei cittadini italiani. Dovremo cercare di dedicare loro un po’ del nostro tempo anche per informarli sui rischi che stanno inconsciamente correndo.