“Milarepa” di Louis Nero
Dopo gli ultimi "Il mistero di Dante" (2014) e "The Broken Key" (2017), il regista torinese Louis Nero ritorna in sala con "Milarepa", un' opera dal forte impatto estetico, narrativo e spirituale
Gli occhi di Mila
In un futuro post-apocalittico e distopico, in cui l’umanità è tornata a vivere per forza di cose nella semplicità e povertà di dimore, contesti e luoghi dove la natura sembra avere ripreso il sopravvento rispetto a una tecnologia disumana (Nero ha girato per lo più in alcune zone del cagliaritano profondamente segnate dalla cultura nuragica e dagli splendidi, primordiali scenari), si dipana la vicenda di Mila, costretta da un lutto e da un successivo tradimento familiare a maturare in fretta e addirittura ad abbandonare la madre Daka (Iazua Larios) e la sorella minore Peta (Kaitlyn Kemp) per intraprendere un viaggio iniziatico che la conduca alla scoperta di sé, dei suoi istinti più profondi e della voce del cuore.
A differenza dell’omonimo film del 1974 per la regia di Liliana Cavani, qui la metaforica storia del mistico Milarepa è traslata nel viaggio dell’eroina Mila, come emblema di un femminile oltraggiato e ferito, ma pur sempre in grado di trasformare il proprio destino e quello dei propri simili, dopo avere avere esperito sino in fondo il concetto di vendetta e, per contraltare, di perdono. «Milarepa racconta un percorso di formazione attraverso lo sguardo di un’eroina libera, lontana dagli stereotipi e dai canoni tradizionali», spiega Louis Nero.
«La protagonista, Mila, affronta prove che non sono solo fisiche, ma profondamente psicologiche, emotive e spirituali. Il suo viaggio è un rito di passaggio tra dolore e consapevolezza, tra ferite e perdono. È chiamata ad affrontare l’ambivalenza del legame materno, e a fare i conti con l’impossibilità di guarire senza passare dalla compassione».
Tra Mad Max e Dune
Se – per stessa ammissione del regista – Milarepa si ispira, a livello strutturale e di plot, a Mad Max, serie cinematografica distopica ideata nel 1979 da George Miller e ambientata in un futuro post- atomico, è anche vero che la caratterizzazione dei personaggi sembra rispecchiare la morfologia delle fiabe, veri e propri apologhi morali, così come è stata messa in rilievo dal linguista e semiologo russo Vladimir Propp (vedi, ad esempio, la presenza nel film delle classiche figure di malvagi, antagonisti, maestri, aiutanti magici e benefattori, presenti nei più antichi miti di ogni cultura mondiale).
A livello visivo, invece, numerosi passaggi ricordano sia per la presenza di colori saturi, così come – per contro – giocati sui toni dell’ocra e del marrone, sia per le ampie plongée che catturano l’arida bellezza di orizzonti pressoché sterminati, i diversi episodi di Dune di Denis Villeneuve. Un genere rivisitato, quello della fantascienza distopica, con un occhio al Medioevo monicelliano di L’armata Brancaleone(1966).
«Milarepa è un film di fantascienza, ma non nel senso classico del termine», conferma il regista. «È una rilettura del genere, un’opera che immagina un futuro in cui, in un contesto rurale e arcaico, l’umanità ha abbandonato la corsa tecnologica per tornare alle proprie origini. La tecnologia si dissolve, lasciando spazio alla spiritualità popolare, alle leggende, ai “fantasmi” della natura. Il film prende ispirazione dal mito di Mad Max, ma lo ribalta: l’azione cede il passo all’introspezione, e il movimento narrativo si sposta dalla corsa al fuori, al cammino verso il dentro. È un film che mescola fantascienza e cinema dell’anima».
L’attore F. Murray Abraham (Oyun) sullo sfondo della natura selvaggia di “Milarepa”
Una colonna sonora evocativa e un cast internazionale
«Sebbene la storia tratti temi universali, desideravo che il film parlasse anche delle radici italiane, dei suoni, dei luoghi e delle atmosfere della nostra terra», racconta Louis Nero. «Per questo ho scelto la Sardegna come scenario principale, con i suoi paesaggi misteriosi e dimenticati. La colonna sonora fonde in modo originale le musiche popolari con sonorità tibetane, creando un ponte invisibile tra culture lontane ma spiritualmente affini. La musica in Milarepa non accompagna soltanto, guida. È parte integrante della trasformazione della protagonista».
La musica è, in effetti, in Milarepa molto potente, con il suo ritmo evocante un tempo ancestrale, mitico, che viene a coincidere con la possibilità di un futuro rifondativo, libero dagli errori tipicamente umani del passato. In questo sincretismo sonoro, visivo e – in ultima analisi – culturale, Nero prova a dar voce a Oriente e Occidente, a poli geografici solo in apparenza inconciliabili e lontani, ma invece uniti (un monito quanto mai attuale, ai nostri giorni) dal desiderio di vivere in pace, in comunanza e accettazione delle diversità, seguendo l’unica strada che rimane identica sotto ogni cielo: quella del Cuore.
Anche il cast del film, assai ricco e variegato, in cui recitano con estrema fluidità e sinergia interpreti internazionali (dove spiccano, tra gli altri, F. Murray Abraham, Harvey Keitel, Angela Molina e Franco Nero), testimonia non solo dell’impegno organizzativo che contraddistingue le produzioni di Nero, ma soprattutto la volontà di dare vita a un’opera d’arte totale, fruibile da pubblici eterogenei; una modalità innovativa di intendere l’arte cinematografica entro una forma capace di mediare rappresentazione e vita reale, proiettandosi al di fuori dello schermo per entrare nelle coscienze di tutti. Come sottolinea il regista stesso: «Milarepa non è solo un film. È una meditazione visiva, un rito di passaggio collettivo, un invito a fermarsi, ascoltare e ricordare che l’evoluzione più grande è quella che accade dentro di noi».
Harvey Keitel nel ruolo del saggio Lama Marpa in “Milarepa”
Milarepa
Regia: Louis Nero
Origine: Italia, 115′
Soggetto: Louis Nero
Sceneggiatura: Louis Nero
Cast: Isabelle Allen, Harvey Keitel, F. Murray Abraham, Ángela Molina, Diana Dell’Erba, Iazua Larios, Hal Yamanouchi, Bruno Bilotta, Michael Ronda, Kaitlyn Kemp, Franco Nero