Ex Ilva, sciopero nazionale il 16 ottobre: presidio anche a Novi Ligure
Fim, Fiom e Uilm in mobilitazione per chiedere la riapertura del tavolo di crisi a Palazzo Chigi. A Novi Ligure coinvolti 550 lavoratori, assemblee in corso per definire le modalità di partecipazione
NOVI LIGURE – È stato proclamato per domani, giovedì 16 ottobre, lo sciopero nazionale dei dipendenti dell’ex Ilva, indetto unitariamente da Fim, Fiom e Uilm. La protesta coinvolgerà tutti gli stabilimenti del gruppo, compreso quello di Novi Ligure, dove oggi si tengono le ultime assemblee per organizzare le modalità di adesione e la partecipazione al presidio. Che è previsto davanti al piazzale dello stabilimento a partire dalle ore 8.
Nelle giornate precedenti si sono svolti incontri e assemblee informative in tutti i siti produttivi italiani del gruppo siderurgico, con un’ampia partecipazione dei lavoratori. Anche a Novi Ligure, dove il sito occupa circa 550 addetti, i sindacati hanno illustrato le ragioni dello sciopero. Giudicato necessario per riportare il Governo a un confronto concreto sul futuro del comparto.
Le ragioni della mobilitazione
Al centro della protesta c’è il silenzio del Governo rispetto alla richiesta di riconvocare il tavolo di crisi sull’ex Ilva presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nonché la gestione unilaterale della cassa integrazione straordinaria (Cigs). Il Ministero del Lavoro, con un atto del 29 settembre, ha infatti autorizzato l’incremento del 50% delle unità in Cigs, passando da 3.062 a 4.450 lavoratori, senza il consenso dei sindacati.
Fim, Fiom e Uilm denunciano “un quadro di estrema incertezza industriale e occupazionale. Aggravato dall’assenza di interlocuzioni ufficiali e dalla mancanza di una visione chiara sul futuro degli stabilimenti”. I rappresentanti sindacali sottolineano che, mai come oggi, “la continuità produttiva del gruppo è appesa a un filo. Mentre le prospettive di cessione del complesso industriale restano confuse e preoccupanti”.
“No allo spezzatino, serve un impegno pubblico”
Durante le assemblee è emersa “la piena consapevolezza dei lavoratori sulla gravità della situazione”. Le organizzazioni sindacali hanno ribadito che “non verrà accettato alcuno spezzatino industriale. Ossia la frammentazione del gruppo in più entità o la vendita a fondi speculativi interessati solo al profitto finanziario”.
I sindacati chiedono anche “un intervento diretto del capitale pubblico. Indispensabile per garantire la transizione industriale, la tutela dei livelli occupazionali e la salvaguardia dei territori”. Allo stesso tempo, respingono “qualsiasi ipotesi di cassa integrazione prolungata a tempo indeterminato o di speculazioni sui siti produttivi“.
Fim, Fiom e Uilm ricordano che “senza un tavolo di trattativa a Palazzo Chigi non sarà possibile affrontare neppure i nodi più urgenti. Come ad esempio il destino dei lavoratori di Ilva in Amministrazione Straordinaria. Oppure le misure di formazione e ricollocazione professionale e il rilancio del settore siderurgico nel suo complesso”.