Fare spazio: il futuro della New Space Economy e il ruolo europeo e italiano
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Itineraria A.I.  
4 Novembre 2025
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Fare spazio: il futuro della New Space Economy e il ruolo europeo e italiano

Spazio e innovazione: la New Space Economy cresce a ritmi straordinari, trasformando il settore spaziale globale e sfidando l’Europa e l’Italia a rafforzare competitività e sovranità

Il settore spaziale globale ha superato nel 2021 i 469 miliardi di dollari, con una crescita prevista dell’11% annuo fino al 2030, trainata dal comparto commerciale. Il segmento dei trasporti spaziali, e in particolare quello dei veicoli di lancio, rappresenta oggi il cuore strategico della Space Economy: riducendo drasticamente i costi di accesso all’orbita – da 50.000 dollari per chilogrammo dell’era dello Space Shuttle a 5.000 con Starship di SpaceX – essi rendono sostenibili modelli economici prima impensabili. L’aumento dei satelliti operativi, passati a 7.800 e destinati a raggiungere i 100.000 entro il 2030, riflette questa espansione vertiginosa.

La proiezione umana nello spazio si articola in base alle orbite terrestri: dalla Very Low Earth Orbit (VLEO, entro i 400 km) alla Low (fino a 2000 km), alla Medium (fino a 36.786 km) e infine alla High Earth Orbit (oltre tale soglia). Mentre la maggior parte delle attività si è finora concentrata sulla VLEO, questa è oggi divenuta congestionata da satelliti, rottami e detriti, con oltre 30.000 oggetti spaziali censiti dall’ESA nel solo 2022. Da qui nasce la crescente attenzione verso la MEO, meno affollata e più sostenibile, che impone però l’uso di vettori più potenti: dai piccoli small-lift ai medium e heavy-lift capaci di trasportare carichi fino a 50 tonnellate.

L’innovazione più promettente resta quella dei vettori riutilizzabili, che consentono di abbattere i costi e limitare l’inquinamento spaziale. SpaceX, pioniera del settore, grazie al riutilizzo del primo stadio del Falcon 9 e al modello rideshare – che prevede la condivisione del lancio tra più clienti – ha lanciato nel 2025 un singolo razzo con 131 satelliti, abbattendo drasticamente i costi unitari.

Nella geopolitica spaziale, la competizione si concentra fra Stati Uniti, Cina e Russia, le tre superpotenze in grado di gestire lanciatori medio-pesanti. Solo sei Paesi al mondo (USA, Cina, Russia, Francia, India e Giappone) possiedono capacità tecnologiche autonome di accesso allo spazio. Due direttrici dominano la corsa: la militarizzazione (con la creazione di forze armate spaziali e lo sviluppo di armi anti-satellite) e la crescita economica della cosiddetta New Space Economy, fondata sul connubio tra pubblico e privato e sul dual use delle tecnologie.

Negli Stati Uniti il complesso tecno-militare-industriale integra aziende come SpaceX, che gestisce la costellazione Starlink (oltre 5.000 satelliti) e collabora alla Proliferated Warfighter Space Architecture del Pentagono, con funzioni di connessione globale e tracciamento missilistico. La Cina risponde con le mega-costellazioni G60 Starlink e GuoWang, pilastri della Digital Silk Road, e con il sistema BeiDou-3, composto da 30 satelliti MEO. La Russia, pur limitata economicamente, punta sulle armi anti-satellite e mantiene operativo il sistema GLONASS.

L’Europa, invece, accusa un ritardo strutturale. Pur contando 77 programmi spaziali, solo nove Paesi nel mondo sono realmente in grado di operare autonomamente nello spazio, e l’Europa nel 2023 ha attratto appena il 6% dei fondi venture capital del settore. Gli Stati Uniti monopolizzano il 73% degli investimenti in lanciatori, la Cina il 15%, mentre l’Europa si ferma al 5%. Tuttavia, segnali positivi emergono: la Germania guida con 296 milioni di dollari investiti, seguita dall’Italia con 144 milioni e una crescita del 684% in due anni, sostenuta da fondi come Primo Ventures, CDP Venture Capital, LIFTT, Galaxia e RedSeed.

L’Italia, con Avio e il suo vettore Vega C (2.200 kg di carico utile), partecipa alla corsa orbitale, pur ancora limitata alla LEO. Avio sta sviluppando con Clearspace tecnologie per la rimozione dei detriti, un settore in cui l’Europa potrebbe giocare un ruolo strategico. La costellazione Galileo rappresenta oggi l’unico sistema MEO europeo, affiancata da BeiDou, GPS e GLONASS.

Il futuro del Vecchio Continente dipenderà dalla capacità di agire su due fronti: da un lato, incrementare gli investimenti per ottenere accesso indipendente all’orbita MEO e ridurre la dipendenza da lanciatori extraeuropei; dall’altro, consolidare una leadership tecnologica nelle soluzioni di sostenibilità orbitale e di bonifica spaziale. Solo una sinergia pubblico-privata potrà consentire all’Europa di recuperare il terreno perduto e riaffermare la propria sovranità nello spazio, prima che anche l’ultima frontiera diventi terreno esclusivo delle grandi potenze.

Federico Sangalli

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Federico Sangalli, milanese, classe 1998, laureato in Scienze Politiche all’Università cattolica del Sacro Cuore, ha lavorato nel campo della raccolta e dell’analisi delle informazioni in campo sia editoriale che strategico, attraverso realtà aziendali consolidate (Fincantieri, Leonardo).

 

 

 

 

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